Ecco il racconto “Tagliando” di @GattaSorniona che ha partecipato alla rubrica la verità, vi prego. Per leggere la mia lettera di valutazione clicca qui.
«Vedi amore, la vita ti offre tante possibilità. Possibilità meravigliose; è nostro dovere coglierle tutte, altrimenti sarebbe come sprecare i bei doni del Signore» disse Amy Lee querula. Guardò suo figlio John con amore infinito. Non si era mai sentita meglio. Era l’America quella, lei era una donna fortunata e se ne rendeva conto. Avrebbe potuto nascere in uno di quei brutti paesi poveri, dove la gente vive nella miseria più nera, senza tutte le meravigliose possibilità che le erano toccate. Posti orribili; ogni tanto Ophra ne parlava, raccontava di guerre e carestie, ma Amy cambiava subito canale. Certe scene erano per lei insostenibili. Sì, Dio le voleva davvero molto bene se aveva deciso di farla nascere in Wyoming, e di farle avere tutto quel bendidio. Perché lei possedeva già tutto, ma sopratutto poteva avere ogni cosa avesse desiderato, senza limiti. Sospirò sorridendo. Guardò il tavolo cosparso di fogli. Ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo per sistemare tutto. Ma andava bene così. «Per ottenere grandi risultati ci vuole un grande impegno. E noi ce lo stiamo mettendo, vero caro?» Suo figlio John annuì senza staccare gli occhi dai ritagli di giornale che aveva in mano. Amy gli accarezzò i capelli, stava diventando un ometto. Il suo ometto. Poi si alzò a fatica dalla sedia – maledetta vita sedentaria – e quasi barcollando sparì dietro una piccola porta. Il pavimento scricchiolava ad ogni suo passo. Si sentì uno schiocco piuttosto forte. «Tesoro, non è niente sono solo queste vecchie assi, forse dovrei togliere ancora qualcosa da qui e portarla… e portarla di sopra. Ma prima ci devo pensare bene, è tutto così ordinato adesso» disse Ami Lee riemergendo dalla porticina. Teneva in mano una barretta al cioccolato, caramello e cereali. La soppesò per un momento, guardandola sorridente, infine la porse al piccolo John. Nel tendere il braccio, le lonze di grasso ondeggiarono come tendaggi pesanti. «John, amore prendi il tuo snack» disse Amy agitando la barretta. Il bambino alzò il capo lentamente, aveva lo sguardo spento: «Ma mamma, per una volta mi piacerebbe un sandwich, con pane, carne, lattuga e pomodori freschi» disse tutto di un fiato. Ingoiò la saliva che gli si era formata in bocca al pensiero di quei cibi che non gustava da… non se lo ricordava nemmeno più quando avesse mangiato della lattuga l’ultima volta. E pensare che da piccolo nemmeno gli piaceva la lattuga. «Ma amore, tu ami le barrette Crunch, con doppio caramello e triplo cioccolato. La mamma le compra apposta per te, perché so che le ami e anche io ti amo. Sei il mio piccolo tesoro» disse lei quasi cantilenando. Continuava a tenere la cioccolata a mezz’aria davanti alla faccia di suo figlio. «Va bene, mamma, come vuoi.» John prese la barretta con la punta delle dita e la scartò lentamente. Amy sorrise. «Bene, sei il mio bambino.» Ma come si permette questo piccolo ingrato? Ne avete parlato mille volte: questo è quello che deve mangiare. «Però tesoro, ne abbiamo già parlato tante volte, questo è quello che devi mangiare. È nutriente. È gustosa.» John annuì senza dire niente. Amy tornò a sedersi a fatica. La sedia, comprata a una svendita di mobili da giardino e pagata solo il 30% del prezzo di listino, cigolò sotto il suo peso. Le natiche di Amy strabordarono da entrambi i
lati. Era un pomeriggio di fine estate. La luce, come miele liquido, filtrava discreta dalle fronde dei sicomori. A qualche centinaio di metri il traffico febbrile del raccordo autostradale sembrava un nastro scintillante. Amy guardò il suo giardino. L’erba era un po’ alta, ma non così tanto. Quegli impiccioni dei vicini di casa avevano parlato di giungla. «Esagerati, invidiosi e impiccioni» sussurrò stizzita. Certo, avrebbe dovuto tagliarla, magari dare anche una rassettata alla siepe e, già che c’era, una mano alla vernice della casa che era tutta scrostata. Ce n’erano di cose da fare. Ma una madre single come lei non poteva fare tutto da sola. Alcune cose dovevano per forza passare in secondo piano. Non che le piacesse, certo. Ma in cuor suo sapeva di fare già il possibile. Hai il Lavoro da fare. Che aspetti? «Adesso mi rimetto al lavoro anch’io, caro.» Lei non aveva il tempo di fare tutto. Non era certo la volontà che le mancava. Ma era il tempo che era troppo poco; c’era da portare avanti il Lavoro. Solo così riuscivano a tirare avanti. Ed c’era tanto da fare, praticamente non si fermava mai. Per fortuna il piccolo John le dava una mano. Amy Lee era rimasta sola; avere un figlio che l’aiutasse era una cosa importante. John aveva capito e le dava una mano. Anche quando era stanco. Erano molto uniti, lei e suo figlio. Lei era una mamma single. Dal divorzio non era più uscita con nessuno. Nick, quello stronzo. Tentava di portarle via suo figlio. Escogitava mille sotterfugi, doveva sempre stare in guardia. Nessuno le avrebbe portato via il suo bambino. Lei non l’avrebbe permesso. E poi John era bravo, ci teneva alla sua mamma che senza di lui non ce l’avrebbe mai fatta. Il rumore di un clacson proveniente dal raccordo la fece trasalire. Era l’ora di punta, il traffico aveva rallentato, sembrava quasi fermo. Sarebbe durato una mezz’ora, poi avrebbe ricominciato a scorrere normalmente. Il lavoro non è ancora finito. Amy, qui si batte la fiacca. Non ci siamo Amy, non ci siamo per niente… lo sai che cosa succede se non termini il lavoro, vero? Amy aprì un energy drink rosa a base di caffeina e zucchero. John la guardò costernato, ma non disse niente. Bevi Amy, bevilo tutto e poi ricomincia. Forza ragazza! Tracannò il liquido freddo tutto in una volta. Ruttò rumorosamente. John alzò gli occhi verso la madre e risero insieme. Poi ritornò al suo lavoro. Prese un giornale da una delle tante pile che occupavano la cucina e iniziò a sfogliarlo con occhio allenato. Concentrazione. Concentrazione e nient’altro. Libera la mente, questo è il tutto. L’allenamento aveva fatto il resto. Era diventata velocissima. In pochi secondi trovò quello che cercava. Lo tagliò accuratamente. Guai a danneggiare il codice a barre. Mise il rettangolo di carta nel contenitore in mezzo al tavolo e continuò a sfogliare il giornale. Quando ebbe finito lo scaraventò, con un gesto collaudato, attraverso la finestra aperta. All’esterno, una montagnola di giornali a brandelli occupava un bel pezzo di giardino. John ci giocava, specialmente da quando non aveva più accesso alla sua stanza. Saliva sulla finestra e con una tavoletta di legno, scivolava sulle riviste, fino a terra. Una specie di snow board casalingo. Amy lo lasciava fare, i bambini ogni tanto devono divertirsi. Una volta al mese un camion e alcuni volontari della comunità venivano a portare via le riviste. Amy li tollerava. Anche se aveva vietato loro espressamente di entrare in casa a raccogliere quelle all’interno.
Li doveva tollerare. Lo sceriffo era stato chiaro. Tutta quella carta, oltre a sporcare, era pericolosissima, e non solo per gli incendi. Quando c’era vento i fogli volavano via, arrivando fino all’autostrada. C’era stato un tamponamento. Gli automobilisti coinvolti avevano raccontato di fogli di giornale sui parabrezza. Anche se non era stato possibile provare che fossero stati proprio i giornali di Amy, da quella volta le avevano messo gli occhi addosso, sopratutto lo sceriffo. E lei non aveva avuto scelta. Ma in casa no. Non li aveva fatti entrare. Che portassero via quelli in giardino se proprio lo volevano. Ma la sua casa era off limits. Lo sceriffo le aveva detto di pensare a suo figlio, non poteva farlo vivere così. «Ma se faccio tutto questo per mio figlio!» Non ti distrarre. Continua il Lavoro. Niente è importante. Solo il Lavoro lo è. Pensa a come ti senti bene quando concludi il tuo compito. «Mamma, ho sonno.» Amy posò le forbici e alzò lo sguardo verso il figlio. Quanto tempo era passato? Fuori era già buio pesto. «Tesoro vuoi un’altra barretta per cena? Sono le tue preferite…» «No, grazie mamma. Io andrei a dormire. Domani c’è la scuola, è tardi.» Questo piccolo moccioso ci vuole sabotare, te ne rendi conto? Non mi vuoi mai ascoltare, altrimenti io ti avrei già risolto il problema. Amy guardò il figlio come se lo vedesse per la prima volta. «Tesoro, ma la mamma deve lavorare e sai bene che non ce la può fare senza di te» piagnucolò. «Noi non siamo dei perdenti. Se sei stanco prendi un’altra barretta Crunch e un energy drink. Aspetta!» Amy si alzò a fatica entrò nella porticina. Ormai per passare, doveva mettersi di lato. Il pavimento scricchiolò. Amy cercò di muoversi lentamente. Era un problema di termiti. Si erano infiltrate in quella parte di impiantito. Aveva chiamato l’impresa di disinfestazione, ma il tizio aveva riso alla sua proposta di cambio merci. Non aveva accettato il valore di settemila dollari di merce. Tutte cose di prim’ordine: carta assorbente, energy drink, prodotti per la casa, snack. L’aveva maledetto. Il tizio aveva parlato con lo sceriffo, che era venuto a controllare. Controllare cosa, poi? Loro vivevano bene così. Non ti distrarre Amy, torna al Lavoro. Il piccolo moccioso se ne approfitta; guardalo, sta battendo la fiacca. Afferrò un energy drink e una barretta. Si guardò intorno soddisfatta. Gli scaffali pieni, sembrava un piccolo supermercato. Tutta la casa era così. Solo la cucina era parzialmente sgombra, perché serviva per il Lavoro. Aveva una scorta straordinaria. Amy avrebbe saltato dalla gioia se solo il pavimento avesse retto. Spense la luce. Cautamente ritornò in cucina. «Tieni tesoro. Prendi questi» disse porgendo la barretta e il drink a John. «Grazie mamma.» Il piccolo John aprì l’energy drink celeste, poi attese che sua madre fosse di nuovo assorta dal lavoro. Senza farsi vedere versò il liquido sul pavimento coperto di giornali. Ne avrebbe messi sopra altri per nascondere la macchia di bagnato.
Il moccioso sta dormendo! Amy alzò la testa di scatto. Fuori era quasi l’alba, il traffico sul raccordo era già intenso.
John si era addormentato sul tavolo. Il contenitore era pieno dei rettangoli di carta. Il moccioso sta dormendo! Ma ha lavorato tutta la notte. Sei troppo tenera, te lo dico sempre. Ok, però è stato bravissimo, guarda quanti coupon! Per premio: oggi niente scuola; lo porto con me al supermercato. Torneremo con un bottino record. Amy guardò ancora le centinaia di coupon che aveva ritagliato per tutta la notte. Il tempo è volato, non me ne sono nemmeno accorta pensò mentre si apriva un energy drink verde fosforescente e lo finiva in due lunghe sorsate. Quel giorno avrebbe fatto la spesa con uno sconto superiore al 96,8%. Un record personale, considerando che la sua media, fino a quel momento era stata di 94,5%. Vedi che col duro Lavoro ce la puoi fare? Certo, volendo potrebbe essere SEMPRE come quella volta che sei arrivata al 100%. Te lo ricordi Amy, vero? La sensazione di piacere, di completezza. $437, 28 di spesa completamente gratis. Ce l’hai fatta da sola, senza il moccioso. Lo sai che ti rallenta… te lo dico sempre di risolvere questa situazione. Ma tu non mi ascolti mai. Amy ricordò i quattrocentotrentasette dollari e ventotto centesimi di spesa gratis. Non aveva dovuto sborsare nemmeno un centesimo. Ripensandoci, ebbe un brivido incontrollabile. La cosa più vicina ad un orgasmo che le fosse capitata in anni. Dai primi tempi in cui stava con Nick. Quando era nato John, erano cominciati i problemi economici. Nick la accusava di cose assurde. Era sparito all’improvviso e adesso era in combutta con lo sceriffo. Cercavano di portarle via suo figlio. Lei lo sapeva. Avevano chiamato gli assistenti sociali della contea. Dicevano che l’ambiente era insalubre, pericoloso. Casa sua! Dicevano che non era in grado di garantire una sussistenza dignitosa per suo figlio. Bugie, tutte dannate bugie! In tutta la contea nessuno possedeva una scorta come la sua del valore di oltre trentaduemila dollari. Suo figlio era un bimbo fortunato, altroché. Ma come si permettevano? Cercavano di portargli via John, ecco la verità. Il suo bambino. Ma lei non l’avrebbe permesso. Lei lo amava e poi le serviva non poteva fare il Lavoro da sola. Doveva essere sincera con sé stessa: aveva bisogno di John. Quella notte era stato bravissimo. «Tesoro, oggi niente scuola!» gridò. «Oggi si va al supermercato!» John alzò la testa dal tavolo e chiese: «ok mamma, ma poi posso avere dell’insalata fresca e della carne?» «No tesoro, conosci le regole: compriamo solo con i coupon: surgelati, energy drink, barrette e… chewingum!» Gridò Amy entusiasta. Il piccolo bastardo ti sta sabotando. Non capisce i tuoi sacrifici. Tu vivi per lui e lui non l’apprezza. Tu sai come fare. In taglio netto e via. Lo puoi avvolgere nel domopack e coprirlo con i giornali. Non aver paura: ti aiuterò io a dimenticare, come al solito. Amy guardò suo figlio con odio. Quando si accorse di stringere il coltello tra le mani rimase sorpresa. Quando l’aveva afferrato? Piano piano lasciò la presa e le nocche le ritornarono del colore della mano. Lo sguardo le si addolcì mentre gli diceva: «Adesso tesoro mangia i tuoi cereali con lo sciroppo al caramello.» John non rispose. Ingoiò la cucchiaiata zucchero cercando di contenere la nausea. Quando sua madre si voltò, John buttò i cereali a terra e li coprì con i giornali. L’assistente sociale le aveva intimato di pulire e di liberare le stanze da letto e la cucina. John voleva ritornare a usare camera sua, ma per quanto riguardava la pulizia della cucina, era preoccupato di non poter più nascondere il cibo. Avrebbe dovuto mangiarlo tutto. Sarebbe diventato grasso come sua madre, coi denti marci come i suoi. Pensò a suo padre. Non ce l’aveva con lui per essere andato via. Ce l’aveva con lui per averlo abbandonato lì. Eppure si volevano bene lui e suo padre. Tuttavia era sparito da un giorno all’altro. Era successo quando sua madre aveva riempito anche il salotto di prodotti per la pulizia della casa, sigillando l’ingresso principale. Adesso le camere erano inagibili, John dormiva con il sacco a pelo
su un cumulo di giornali. Sua madre invece dormiva sul divano sformato. John cercò di scacciare la nausea e ingoiò una cucchiaiata di quella roba stucchevole. Poi senza farsi vedere buttò il resto in un angolo e lo coprì con dei brandelli di riviste. Lanciò la ciotola in cima alla pila di piatti sul lavello e salì sul davanzale. Guardò la discesa di carta e si lasciò scivolare di sotto, facendo surf sul cumulo di giornali. Aveva imparato ad arrivare in fondo senza cadere, rimanendo in piedi. Non importava quanto i giornali fossero scivolosi, ormai John era un esperto. Un giorno avrebbe cavalcato delle onde vere, con il surf. Chissà se suo padre si era trasferito sulla costa. L’avrebbe cominciato a cercarlo e un giorno l’avrebbe raggiunto. Così avrebbe visto per la prima volta il mare. Rientrò in casa e salì di nuovo sulla finestra e scivolò ancora sui giornali. A ogni discesa diventava sempre più bravo. Un rumore interruppe le sue fantasie. Vide l’enorme mole di sua madre che passava a fatica dal corridoio stipato di pacchi di carta assorbente asciugatutto. Anche il salotto era pieno di scatoloni di cose acquistate quasi gratis, con i coupon. C’erano pile di roba dal pavimento al soffitto, ormai non si entrava più dall’ingresso principale della casa. La madre riusciva a raggiungere il divano dove dormiva, grazie a una specie di tunnel ricavato tra due mucchi di prodotti ancora imballati. Un altro sentiero conduceva al giaciglio di fortuna di John. L’ingresso principale era occupato da migliaia di pacchi di rotoli di carta igienica. Tanto è gratis. Ne avevano per tutta la vita. «Ora possiamo andar di corpo per i prossimi quattrocento anni. La carta igienica non ci mancherà più!» aveva detto sua madre battendo le mani. Però non potevano più usare il salotto. C’erano centinaia di scatole di cereali, pasta, rotoloni assorbenti, detersivi. Tutto ordinato in pile che andavano dal pavimento al soffitto. Per non parlare della zona notte, completamente inaccessibile. La casa straboccava. John aveva dimenticato come fosse in origine, quando era ancora vuota, quando ancora c’era suo padre. Si ricordava vagamente il giardino curato e la sua bicicletta che funzionava. I vicini erano gentili e lui non sapeva che cosa fosse un assistente sociale, én gli operatori della contea. Bei tempi.
Le cose più piccole e preziose erano stipate nella stanza della scorta: prodotti per il corpo, dolci, energy drink. A un certo punto non avevano potuto metterci nient’altro perché il pavimento aveva iniziato a dare segni di cedimento. Prima di redistribuire i prodotti Amy l’aveva fotografata e poi aveva inviato le foto alla redazione di Pazzi per la spesa. Aveva scritto tante volte. Non l’avevano mai ricontattata. Aveva cominciato a comprare sempre di più e tutta la sua casa era diventata il magazzino della scorta. Solo una parte della cucina serviva da punto di ritaglio per i coupon. Amy andava a saccheggiare i bidoni dell’immondizia alla ricerca di giornali da ritagliare. Ci andava la notte, prima dell’alba. Sapeva dove andare a cercare. Si portava dietro anche John. Lui era piccolo, entrava nei cassonetti e le passava i giornali. Poi li portavano a casa, li accumulavano in cucina e passavano tutto il tempo tra una spesa e l’altra a ritagliare coupon e a organizzarli in contenitori di plastica che Amy trovava più pratici dei faldoni che usavano di solito i protagonisti di “Pazzi per la spesa”. Suo figlio avrebbe preferito non saltare così tanti giorni di scuola. Quel piccolo bastardo non è mai contento. Amy sospirò. Sì, suo figlio era un ingrato. Le piombò sulle spalle il peso del fallimento. Eppure la sua vita andava così bene. Stappò un energy drink giallo fosforescente e lo bevve tutto, alla goccia, senza riprendere fiato. Ansimando ruttò con fragore. Vedi com’è bello avere le cose gratis? Adesso vai a fare la spesa e aumenta la tua scorta. Ci sono spazi vuoti che devi riempire, Amy. Il Lavoro è lungo. Hai una scorta del valore di $ 32.000. Pensa al Lavoro che hai fatto per averla. Pensa che puoi migliorare. Pensa che non ci sono limiti.
Amy voleva battere quella sciocca, insulsa casalinga del Kentucky. La Principessa dei rotoli di carta avevano detto alla televisione. Ma cosa ne capivano? Aveva soltanto 400 scatole di salviette antipolvere. Quisquilie. Amy ne aveva una stanza piena al piano di sopra. Un tempo era un bagno, adesso aprivi la porta e trovavi un muro di meravigliose scatole di prodotti antipolvere. Non entravano in quella stanza da più di un anno. John diceva che emanava uno strano odore, ma Amy non sentiva niente. Non ascoltarlo, Amy. Sono solo prodotti nuovi, custoditi ordinatamente. Non ci sono odori strani. Non aascoltare il moccioso, Amy. Ormai ti mette soltanto i bastoni tra le ruote. Fatti un bell’esame di coscienza: ti serve averlo tra i piedi? Ricordati tutte le storie che ti ha fatto quando dovevi sistemare i tovaglioli, la carta igienica e i fazzolettini di carta. «Avevo bisogno di un’altra stanza» mormorò Amy, «mi serviva la sua stanza per sistemare la mia scorta.» «Come hai detto, mamma?» «Niente tesoro.»
Katreen del Kentucky parlava alla televisione e dietro il marito Bill e i due figli Antony e Liz. Spiegava il suo piano d’azione: l’obiettivo era una spesa di 700 dollari. Con i coupon ne avrebbe spesi solo 30. Una principiante. Amy aveva all’attivo spese oltre i seicento dollari che le erano costate sotto i dieci dollari. “Pazzi per la spesa“ doveva dedicarle un episodio del programma. Aveva scritto mille volte, ma niente, non l’avevano ancora contattata. Era convinta che sotto sotto ci fosse lo zampino di suo marito o dello sceriffo o di tutti e due. E se Nick… no, non era possibile. Scosse la testa e cercò di scacciare qual pensiero. «Sbrigati tesoro, usciamo!» Nick ti sta sabotando attraverso tuo figlio. Ha convinto la redazione di “Pazzi per la spesa” a non venire qui, te ne rendi conto? Oppure, che ne sai che non siano venuti quando John era solo in casa e che tuo figlio li abbia mandati via? Pensi che non ne sarebbe capace? Ti sai quello che devi fare, Amy. «John? Allora, andiamo!» «Mamma, vorrei andare a scuola, è una settimana che non ci vado.» Piccolo moccioso ingrato. «Tesoro, ma non ti piace fare la spesa con la mamma? Lavoriamo tutta la settimana a ritagliare i coupon, questo è il momento migliore. Perché te lo vuoi perdere?» «Mamma, gli assistenti sociali hanno detto che…» Il piccolo bastardo, ti sta boicottando e tu glielo lasci fare, Amy. Mi stai deludendo. Io credevo in te, ma adesso mi chiedo se non abbia fatto un errore a sceglierti. C’erano centinaia, migliaia di persone che avrebbero voluto essere al tuo posto. E tu lo sai bene. Prendi un coltello e falla finita. Lui non ti serve. È un ostacolo, te ne rendi conto anche da sola. Un ingrato. Ascoltami: prendi il coltello, finisci questa storia. Poi lo smaltirai con calma, la carta assorbente e il domopack non ti mancano. Hai anche altri coupon per non fare abbassare la scorta. Ti aiuterò io, come sempre. Amy distolse lo sguardo dai coltelli della cucina, comprati con lo sconto del 55% grazie a una promozione sui casalinghi di cui aveva approfittato. Adesso possedeva circa 86 padelle da 22 centimetri. Tutte ordinate impilate nella stanza della scorta. Forse era anche quelle che pesavano troppo. Avrebbe dovuto spostarle da lì, il pavimento non ce la faceva più. In casa c’erano altri coltelli ancora nelle scatole. In tutto una trentina di confezioni, ma non ricordava dove li avesse messi. Stai calma. Se non dovessi dedicare tanto tempo al moccioso te lo ricorderesti. Amy Lee si guardò intorno, tutto lo spazio intorno al tavolo della cucina era occupato da pacchi di pasta Barilla e scatole di Cereali colorati. Guarda cosa hai messo insieme, devi essere fiera della tua scorta. «Tesoro, non pensare agli assistenti sociali. Piuttosto, vuoi un po’ di tè con lo sciroppo di caramello che ti piace tanto?» Amy riempì il bollitore e lo mise sul fuoco, stando attenta alle scatole dei cereali che coprivano i
mobili della cucina, in pile dal pavimento fino al soffitto. Amy era fiera di sé, stava sempre attenta a come sistemava le confezioni. Quando fossero arrivati quelli della redazione di “Pazzi per la spesa“ avrebbero trovato la più grande scorta d’America. Una casa intera dedicata ai prodotti. Ciascuna stanza dedicata a una categoria merceologica, ordinata come non avevano mai visto. Gli assistenti sociali dicevano che avrebbe dovuto liberare almeno il salotto e la stanza di John. Loro non capivano niente: Amy aveva bisogno di quello spazio. Era una mamma single, le servivano suoi prodotti. Erano la sua ancora di salvezza, la sua stabilità. Non avrebbe permesso a nessuno di ridurre la sua scorta. E poi aveva ancora tanto spazio. Potevano sfruttare quello rimasto in soggiorno. Lei e John avrebbero potuto dormire sul cumulo di giornali in cucina. Erano caldi e comodi. Certo avrebbero fatto così. Doveva solo neutralizzare lo Sceriffo. Le aveva dato un ultimatum: «O ti liberi di questa roba o dichiarerò la casa inagibile» Ma come si era permesso di trattarla così? Diceva che c’era pericolo per l’incolumità di suo figlio. Aveva addirittura minacciato di chiamare il programma “Sepolti in casa”. Ma come si permetteva? “Sepolti in casa” no. Casa sua non era mica una discarica. Era un’enorme scorta. Poi si erano lamentati gli insegnanti. John era sempre stanco e non si cambiava mai i vestiti. Era pieno di vestiti, in camera sua. Un giorno avrebbero si sarebbero aperti un varco tra le scatole per recuperare qualche maglietta pulita. Ma non dovevano metterle fretta. Lei faceva quello che poteva. Lascia stare la scorta, la Scorta non va toccata. Liberati del moccioso piuttosto. Sono solo problemi. Lo vedi? Amy entrò nella dispensa. Il pavimento scricchiolò, ma lei non ci fece caso. Un tè con lo sciroppo di caramello era quello che le ci voleva. Poi sarebbero andati insieme al supermercato. Le bottiglie di sciroppo erano sullo scaffale in alto. Mettile più in alto possibile, non vorrai mica che il mocciosetto si serva da solo? Salì su una sedia. Dall’altro la stanza era ancora più bella. Scaffali su tutti e quattro i lato, pieni di bottiglie, flaconi, tubetti, stick, tutto ordinato, ancora nella loro confezione originale. Era fondamentale che le confezioni fossero integre, il colpo d’occhio risultante era di gran lunga migliore. Respirò profondamente e allungò la mano. I flaconi di sciroppo erano troppo lontani doveva scendere e avvicinare la sedia. Scese di colpo.
John aveva perso il conto delle discese sui giornali. Era proprio bravo. Si sarebbe iscritto a una scuola si surf e avrebbe vinto delle gare, guadagnato molti soldi. Avrebbe trovato anche uno sponsor, come la Nike. I soldi li avrebbe dati anche a sua madre. Per aiutarla e così lei non avrebbe più avuto bisogno di raccogliere tutti quei coupon. Avrebbero liberato anche qualche stanza, magari camera sua. Adesso era piena di rotoli di cellophane e carta da forno. Una stanza piena. Lui non poteva più entrarci. Là sotto giacevano sepolte le sue poche cose di cui conservava un ricordo vago. Ancora non si spiegava come fosse successo. Da un giorno all’altro non era più riuscito ad entrare in camera. Sua mamma aveva cominciato ad accumulare anche lì, dopo aver riempito l’altra camera con carta assorbente, carta igienica e prodotti per la casa. Anche se era solo carta, era tanta. E poi la casa era vecchia, e c’era il problema con le termiti. La riparazione costava troppi soldi, sua madre aveva detto che avrebbero dovuto fare attenzione e andare avanti così. Un fragore interruppe le sue fantasie. Un urlo disumano lo fece rabbrividire. John si affacciò allo stanzino e vide sua madre era incastrata nel pavimento sfondato. Un odore di marcio pervadeva la stanza. «Sì è sfondato il pavimento, John. Posso sentire la sabbia sotto la casa» disse Amy. Le schegge di legno per terra erano quasi nere, tanto erano marce. Amy aveva perso le ciabatte e aveva i piedi nella sabbia fredda e sporca sotto la casa. Cercò di non pensare allo schifo là sotto, ai ratti e alle termiti e a chissà che altro. «Tesoro, aiutami!» disse a suo figlio tendendogli le braccia enormi. John rimase in piedi sulla soglia ad osservarla.
«John sbrigati.» Amy ti devi sbrigare. Devi andare a fare la spesa con i coupon. Puoi battere Katreen. Oggi è il gran giorno. «Tesoro, avvicinati. Aiuta la mamma.» John continuava a fissarla. Il piccolo bastardo deve morire. Guarda come perde tempo. Fatti liberare a poi sbarazzatene. «Tesoro se non ce la fai vai a chiamare lo sceriffo… anzi no. Lo sceriffo no. Chiama… chiama…» Amy chiuse gli occhi, si rese conto di essere sfinita. «John aiuta la mamma.» Allargò le braccia flaccide verso suo figlio. Un odore rancido di sudore aggredì le narici di John. Eppure sua madre possedeva 364 flaconi di deodorante di 6 marche diverse, tutti acquistati con sconti che andavano dall’82% al 100%. Come mai puzzava sempre così tanto? Tutta la loro casa puzzava. In alcuni punti faceva venire il voltastomaco. Eppure avevano detersivi e disinfettanti in quantità che sarebbero bastate per tutta la contea. Dovevi usare il coltello prima, quando ne hai avuto l’occasione. Sei salita su quella sedia per prendergli lo sciroppo al caramello. Per lui. E ora se ne sta lì a guardarti senza fare niente. È un ritardato. «John tesoro, aiuta la mamma. Poi andiamo al supermercato.» Una fitta di dolore la fece quasi urlare. Le schegge marce del pavimento le si erano conficcate nelle cosce e adesso sentiva un gran male. Doveva stare calma, le fitte erano troppo intense. John osservò sua madre intrappolata nel pavimento. Le natiche enormi si erano afflosciate e formavano una specie di base di grasso; in quella posizione non sembrava nemmeno umana. Amy allargò le braccia verso il figlio, sorridendo rassicurante. John non si era mosso dalla soglia e continuava a guardarla senza dire niente. Dovevi usare il coltello quando ne avevi l’occasione, stupida. «John, tesoro. Aiuta la mamma ché dobbiamo andare al supermercato.» Era incastonata nel pavimento. Se non ci fossero state schegge di legno marcio qua e là, si sarebbe potuto credere che fosse nella sua collocazione più naturale. Intorno a lei, su tutte e quattro le pareti, scaffali straboccanti di prodotti colorati, ordinati per marca. La stanza della scorta. Era nato tutto da lì. Dopo si era estesa al resto della casa. Ma quello era il cuore, il posto dove Amy amava custodire gli oggetti più piccoli… erano meravigliosi sugli scaffali. Una fitta di dolore la riportò alla realtà. «John…» ma la frase le morì in gola. Lui si avvicinò, piano piano. Il pavimento cigolava; poteva sfondarsi di nuovo e intrappolare anche lui da un momento all’altro. Senza staccare gli occhi da sua madre, John si avvicinò allo scaffale delle barrette al cioccolato e ne prese una. Amy si irrigidì all’istante. «Tesoro, no, lo sai. Quelle sono per la cena.» Lo dovevi ammazzare subito il piccolo bastardo, sei una stupida. Guarda come se ne approfitta subito. «Tesoro mettila giù» disse Amy con voce tremante. Cercò di allungarsi verso suo figlio, doveva fermarlo, ma le schegge del pavimento le si conficcarono nella carne grassa. Urlò di dolore. «John, vieni qui, per favore.» John non rispose. Guardandola fissa negli occhi aprì la barretta. Adesso hai un numero dispari di barrette e la simmetria dello scaffale è rovinata, tutta la scorta ha perso il valore d’insieme. Tu sai quello che devi fare, non voglio ripeterlo Amy. Hai aspettato anche troppo. John lasciò cadere a terra la barretta, poi la schiacciò a lungo con la punta della scarpa, senza mai staccare lo sguardo da sua madre. «Noooo!» Urlò sua madre. Ammazzalo adesso, lo capisci ora? Sei una stupida, muoviti. «John, ma cosa fai?»
Cercò di afferrare il figlio. Lui si scansò e buttò a terra altre barrette a caso, iniziando a calpestarle. «Bastardo. Io ti ammazzo. Vieni qui!» Amy era fuori di sé cercava di uscire dalla buca, agitava le braccione flaccide. Puzzava sempre di più. John buttò a terra anche dei deodoranti e dei flaconi di shampoo e tubi di crema per le mani. Ne avevano a centinaia. Lui li buttava a terra, stando attento a non avvicinarsi troppo ad Amy. Ma lei non lo considerava più. Gridava e piangeva a squarciagola. Raccoglieva quei prodotti e li cullava tra le braccia. Il fischio del bollitore lo riportò alla realtà. John andò in cucina. Non c’era più nulla di suo in quella casa. Le poche cose che aveva posseduto, erano sepolte sotto la tonnellata di carta igienica che adesso riempiva quella che un tempo era stata la sua stanzetta. Non ci metteva piede da più di un anno. Dormiva in quella specie di giaciglio sui cartoni, o più spesso accasciato sul tavolo della cucina. Non c’era nulla in quella casa che desiderasse. Oppure non se lo ricordava. Faticava a ricordarsi come fosse camera sua, un tempo, quando erano una famiglia felice e suo padre stava ancora lì. A volte giocavano insieme e John era felice. Sì, questo lo ricordava bene: quando c’era suo padre era felice. Sua madre, invece, non aveva mai giocato con lui. Era sempre occupata a ritagliare i coupon e a fare la spesa a gran risparmio. Ma a lui non importava, tanto aveva suo padre. Poi era iniziato qual maledetto programma televisivo, “Pazzi per la spesa”. Sua madre era quasi impazzita. Diceva che voleva partecipare a tutti i costi, che dovevano aumentare le percentuali di risparmio. Una volta aveva avuto una crisi isterica quando Elisabeth, casalinga del Connecticut aveva mostrato una scorta del valore di 31.000 dollari. Il marito Tom le metteva sempre a posto la spesa. Invece Nick se ne fregava della sua scorta. Apriva entrava, si serviva senza considerare le simmetrie. Diceva che era stata costretta. John non capiva di cosa parlasse. «Ha 200 rotoli la principiante. Io ne ho una stanza intera.» Amy aveva iniziato a gridare e suo padre aveva chiamato il medico. Le avevano fatto un’iniezione e messa a letto. Avevano parlato a lungo in giardino. Quando suo padre era rientrato in casa John l’aveva visto stanco. Gli aveva detto soltanto: «Figliolo, dobbiamo stare vicino alla mamma; è malata.» John non aveva risposto, e da quel giorno era rimasto sempre accanto a suo padre. L’aveva aiutato, mentre sua madre peggiorava da una settima all’altra. John non se lo spiegava. Perché era andato via senza dirgli niente? Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Adesso il bollitore fischiava più forte. Nello stanzino Amy gridava come un maiale scannato. John ignorò entrambi. Si avventò sulle maledette scatole di cereali che si ammassavano a coprire quelli che un tempo erano stati i mobili della cucina. Li odiava i cereali. Voleva mangiare della frutta fresca e un sandwich con tacchino e pomodori freschi. Con una furia che non aveva mai provato prima, scaraventò a terra scatole su scatole, finché si sentì meglio. «John, ma che stai facendo!» Si voltò. Amy era sulla soglia della porticina. Con molta fatica si trascinò verso di lui. Aveva il vestito di poliestere incollato alle gambe ricoperte di sangue. John prese il contenitore con i coupon appena ritagliati. «Lascialo, non lo toccare. Bastardo!» Uccidilo, uccidilo ora. «Ti ho detto di lasciarlo. Mi senti John?» disse cercando di avanzare faticosamente. Ma era troppo grassa per passare dall’apertura e, dopo lo sforzo per liberarsi, era esausta. John afferrò la scatola e la gettò in aria. «Nooo!» gridò Amy agitando le braccia per tentare di raccogliere i rettangoli di carta che volavano dappertutto. John saltò sulla finestra e scivolò sui giornali ritagliati fino al prato. Iniziò a correre senza voltarsi
indietro. Quando Amy vide il fuoco non ci fece caso. Era troppo concentrata a recuperare quanti più coupon poteva. Non possono finire bruciati. Salvali, poi pensa al moccioso. Lo sistemerai accanto a Nick. Ben avvolto nella pellicola di cellophane e poi nella carta assorbente. Starà benissimo sotto alle scatole di carta igienica, accanto a suo padre. Le fiamme erano alte. Tutta la cucina ardeva. Quando Amy si accorse di non poter più uscire fu rammaricata di non essere potuta prima andare al supermercato. Quel giorno avrebbe raggiunto il 100% di risparmio. Se lo sentiva. La redazione di “Pazzi per la spesa” l’avrebbe pregata di partecipare al programma. La prima concorrente con la casa-scorta. La casa bruciò come una torcia. I pompieri non riuscirono a salvare niente. John camminava verso il raccordo. Avrebbe fatto l’autostop e sarebbe andato a cercare suo padre. Sarebbero stati felici insieme.
Pingback: La verità, vi prego: perché non bisognerebbe giudicare i propri personaggi | I libri degli altri
Pingback: La verità, vi prego: perché non dovresti giudicare i tuoi personaggi | I libri degli altri