Pensiero più o meno diffuso vuole che l’editoria di un tempo fosse migliore di quella di oggi: libri più curati, maggior rispetto per gli scrittori, poco interesse per il profitto. Ma è davvero così o è solo la patina nostalgica di ciò che non abbiamo vissuto a farci sembrare tutto oro quel che in realtà è piombo (tipografico)? “Gattopardi editoriali” è la rubrica sull’editoria che cambia per restare (quasi) così com’è da sempre.
Tra i dibattiti che più animano (e presumibilmente continueranno ad animare) l’ambiente editoriale, uno è stato recentemente messo a riposo dall’ultima legge sulla lettura e riguarda lo sconto massimo applicabile ai libri.
L’altro, che non verrà mai messo a tacere, vede contrapposti le categorie di “libraio di catena” vs. “libraio indipendente”: dove il secondo è sempre ammantato di un’aura di passione, competenza e professionalità che mancherebbe al primo; il quale, di contro, è spesso accusato di avere una scarsissima preparazione culturale.
Ma la scontistica selvaggia e i librai impreparati parrebbero essere problemi ben radicati anche un secolo fa… pardon, due secoli fa.
Per quanto riguarda in modo specifico l’editoria, a leggere le cronache e i dibattiti del settore attraverso le pagine delle gazzette e, a partire dal 1888, anche del «Giornale della libreria», il mercato librario sembrava, per un verso, un colabrodo e, per un altro, un concentrato di problemi d’ogni genere: strozzature distributive e insufficienza della rete di librerie; difficili rapporti tra categorie, anche per il malcostume da parte di molti di concedere sconti eccessivi (questione molto difficile da affrontare, che susciterà polemiche e interventi a non finire); scarsa preparazione culturale e professionale dei librai, già da tempo considerata uno dei problemi più seri dell’editoria.*
*Alberto Cadioli, Storia dell’editoria italiana dall’Unità ad oggi, Editrice Bibliografica 2013, versione ebook.