Un dattiloscritto formattato male e poco curato dal punto di vista morfosintattico è un pessimo biglietto da visita: font minuscole, interlinee strette, doppi spazi, apostrofi al posto degli accenti, orrori grammaticali rivelano sciatteria e ineleganza. Fedele all’idea che la forma sia sostanza, il Galateo editoriale vi condurrà attraverso il bon ton della formattazione e correzione testuale, affinché nessuno possa guardarvi dall’alto in basso.
Preambolo
Nel corso degli anni ho avuto modo di leggere molti manoscritti (uso il termine in un’accezione editoriale, ossia di copia d’autore dattiloscritta non ancora data alla stampa) e non ne ho mai trovati due che fossero uguali.
Ovviamente non mi riferisco al contenuto ma alla “forma tipografica”: margini, font, interlinee, fino ad arrivare all’uso dei segni paragrafematici… Ogni manoscritto è un mondo a sé e, il più delle volte, è un mondo difficile da esplorare a causa di una formattazione del testo che rende la lettura (da parte di chi quel manoscritto deve valutarlo) difficoltosa e sfiancante.
A ciò si aggiunge spesso l’abbondanza di refusi che smascherano una forma di sciatteria ancora più grave: se è possibile mostrarsi comprensivi riguardo a una pessima formattazione (magari dovuta a cause di carattere tecnico – leggi: non so come fare), è di contro impossibile mostrarsi benevoli nei confronti di chi non ha avuto nemmeno cura di rileggere il proprio testo per emendarlo dai refusi.
Che sappiate o non sappiate come fare, che abbiate o non abbiate contezza di ciò che sto dicendo, qui troverete periodicamente consigli su come preparare al meglio il vostro manoscritto prima di inviarlo a chicchessia.
Prima di cominciare, è opportuno però che teniate sempre a mente due cose.
Uno: se scrivere è la vostra “ragione di vita”, considerate sempre che leggervi potrebbe non essere quella degli altri; nemmeno di chi deve farlo per mestiere. Quindi fatevi furbi: mettete la persona che dovrà leggervi nella condizione di poterlo fare senza che gli sanguinino gli occhi dopo poche righe.
Due: voi non siete il vostro manoscritto; quindi se vi viene voglia, per esempio, di utilizzare per centinaia di pagine una font arzigogolata (#truestory) che pensiate possa rispecchiare il vostro animo poetico e sensibile, non fatelo.
Margini, font e interlinea
Prendete un libro che avete in casa (preferibilmente non quello autopubblicato da un vostro parente), apritelo e guardate come è fatto dentro.
Nei casi più virtuosi troverete pagine con margini, caratteri tipografici e interlinee ben bilanciati in modo da non affaticare troppo gli occhi, e un testo chiaramente e riconoscibilmente diviso per capitoli e paragrafi.
Il vostro manoscritto dovrà avere caratteristiche simili: offrire una piacevole e distensiva comodità di lettura (per dirla con termini alla moda: una piacevole esperienza di lettura).
Considerate sempre che la seconda cosa che noterà chi dovrà leggere il vostro manoscritto (la prima è “la copertina”, ma di questo parleremo un’altra volta) è la disposizione del testo sulla pagina.
Guardate la foto sotto (e cliccate qui per vederla più grande).
A sinistra c’è un pagina con i margini stretti, una font piccola, una interlinea stretta e un rientro abnorme; a destra una pagina con margini più ampi (che “fanno respirare” il testo) una font più grande, una interlinea più larga e un rientro normale.
Per motivi impenetrabili (tranne uno: risparmiare sulla carta) il più delle volte i manoscritti sono formattati come l’esempio a sinistra.
Leggere un testo del genere, disposto in questo modo, è faticoso e stancante: l’occhio deve seguire una riga di testo troppo lunga da un margine all’altro del foglio e, quando arriva al margine destro e deve ritornare a quello sinistro passando alla riga successiva, la strettezza dell’interlinea provoca un accavallamento delle righe di testo.
Il vostro romanzo potrà anche essere interessante, la vostra storia avvincente, i vostri protagonisti indimenticabili (insomma, potrete anche aver scritto un capolavoro – e in realtà sappiamo che non l’avete scritto) ma chi vi leggerà lo farà con fatica, a stento, fermandosi spesso e chiedendosi di continuo perché gli abbiate sottoposto questa tortura quando avreste potuto, con un minimo di attenzione, catapultarlo con garbo all’interno del vostro immaginario.
Quindi, prima di cominciare a scrivere, formattate il documento come la pagina di esempio in alto a destra. Se scrivete su Word, potete usare questi valori (e prenderli da guida se usate altri programmi di videoscrittura).
Passiamo adesso a un altro problema che grava su molti manoscritti: la font.
Inutile (anzi, deleterio) utilizzare una font perché “mi piace” o perché magari la troviamo simpatica; inutile (di più ancora deleterio) utilizzare una font perché si crede abbia una qualche specifica allure, comprensibile solo a chi scrive e del tutto oscura a chi legge. Non avete nessun bisogno di dimostrare la vostra creatività nella scelta di una font.
Riprendete i libri che avete preso prima e controllate con quale carattere tipografico sono stampati: non ci troverete Comic Sans, Zapfino, Verdana o altre amenità tipografiche. Ci troverete quasi sempre un Garamond. Quindi usate quello.
In tutta franchezza, va benissimo anche il buon vecchio inossidabile Times New Roman: magari vi sembrerà un po’ anonimo, ma meglio l’anonimato che l’esplosiva e naïve originalità di un carattere che ha come risultato quello di costringere il lettore a chiudere il libro e a iniettarsi del collirio in endovena.
E ricordate sempre: corpo 12, interlinea 1,5.
Altra cosa importante: non usate font diverse nello stesso manoscritto.
Per qualsiasi esigenza ne possono bastare due. Se, per esempio, avete bisogno di citare la lettera scritta da uno dei personaggi o un SMS o messaggi dalle chat potete – se proprio volete – utilizzare una font senza grazie. Ma potete anche, molto più semplicemente, utilizzare sempre la stessa font, diminuirne la grandezza (da 12 a 10) e lasciare una riga bianca prima e dopo la citazione. Comunque sia, considerate sempre che (nel caso il vostro manoscritto arrivi alla stampa) ogni casa editrice ha le proprie norme redazionali per gestire casi del genere.
Quindi non impegnatevi troppo nel pensare a soluzioni originali e abbiate come obiettivo due sole cose: ordine e leggibilità.
Ricordate: il vostro manoscritto non deve dire niente di voi nelle scelte tipografiche, fosse solo in virtù di una semplice constatazione: sarà la casa editrice che pubblicherà il testo a dargli una definitiva veste editoriale.
Quello che dovete fare voi è solo presentarvi impeccabili all’appuntamento per evitare una bruttissima prima impressione.
foto di copertina di ben hershey
Interessante e confermo tutto, specie le parti finali: impaginai con orgoglio e mandai il manoscritto, ma dalla CE mi dissero “Ce lo rimandi con formattazione standard?” XD
Da quel giorno, limito gli interventi “tipografici” solo alle mie necessità di stesura, e anche il lato editoriale è decisamente più contento…
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Sì, in effetti quanto “meno” è formattato un dattiloscritto, più si agevola il lavoro in casa editrice.
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Ottimi consigli. Sono dovuta andare a controllare il genere di “font”, fino ad ora sentito sempre al maschile. Mi confermi che è uno specifico uso diffuso in tipografia al femminile? http://fontblog.altervista.org/font-la-font/
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Ciao Valentina,
sì, in ambito tipografico si preferisce il femminile. Per quanto quest’uso stia ormai lentamente sparendo.
Ti rimando a questo articolo di Licia Corbolante: http://blog.terminologiaetc.it/2010/10/06/il-genere-dei-prestiti-in-italiano/
e a questo dell’Accademia della Crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/genere-font
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Grazie!
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E’ quello che chiedo agli autori che mi inviano libri in valutazione o per una pubblicazione.
Ovviamente quasi nessuno lo fa…
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Non arrendiamoci.
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Ciao, mi chiedevo infatti quali impostazioni della pagina usare per un manoscritto da inviare a un editore. Io non uso Word, ma Writer di OpenOffice, ma fa lo stesso. Quando parli di margini, intendi sul formato standard del documento, l’A4? Non è troppo 4 cm di margine? L’ho appena provato e mi dà questa impressione. Però sembra “emulare” abbastanza bene la pagina stampata di un libro.
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Ciao Daniele,
sì, possono sembrare tanti ma in effetti non che lo siano così tanto; e, come dici, emulano bene l’ingombro di una pagina di un libro.
Comunque possono andare bene anche margini leggermente più stretti (e che non lo siano troppo, però).
Giuseppe
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Illuminante! Mi accorgo che margini e spazio li ho sempre impostati così d’istinto: anch’io, scrivendo al computer, ho bisogno di pulizia e chiarezza. Mi son poi sempre trovato benissimo come impaginazione con Lyx e Latex (che, ben si sa, è un linguaggio specifico per l’impaginazione): il difficile è poi convertirli in .docx o .odt
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