Redattori, social media manager, impaginatori, uffici tecnici, consulenti e ancora altri: sono loro gli Editoriali, persone che lavorano i libri prima che diventino libri. Chi sono, cosa fanno e come lo fanno: una serie di domande per scoprire qualcosa di più sui mestieri dell’editoria.
Giulia Zavagna è nata nel 1986 a Santa Margherita Ligure e vive e lavora a Roma. Traduce narrativa e saggistica dallo spagnolo. Dal 2014 lavora per SUR in qualità di editor e redattrice. È docente di impaginazione, revisione e scouting editoriale presso la Scuola del libro.
Come hai iniziato e perché?
Il mio è un percorso credo piuttosto standard: dopo una laurea in traduzione letteraria, nel 2011 mi sono trasferita a Roma per frequentare un master sui mestieri dell’editoria, seguito da un tirocinio nella redazione di minimum fax.
Da quel momento ho portato avanti una serie di collaborazioni più o meno altalenanti con vari editori e service editoriali, ho lavorato in libreria e ho tradotto i primi libri.
Ecco come ho iniziato, sul perché potremmo ragionare a lungo – forse oggi non vale più, forse si è modificato nel tempo – ma immagino che lo slancio iniziale sia comune a tutti gli strani individui che chiamiamo editoriali: la voglia, il desiderio, il bisogno di vivere in mezzo ai libri.
Come e quando sei arrivata alla SUR?
Ho iniziato a collaborare con SUR nel 2012, in qualità di traduttrice. Poi sono arrivate le prime revisioni e correzioni di bozze, svolte sempre dall’esterno, fino al 2014, quando SUR ha cambiato sede e aumentato la produzione da tre a circa dodici titoli l’anno (oggi abbiamo circa ventiquattro uscite annuali).
A quel punto, per una volta, mi sono ritrovata nel posto giusto al momento giusto.
Quali sono le tue mansioni, nello specifico?
Mi occupo della collana latinoamericana, curandone pressoché ogni aspetto editoriale e redazionale, dalla scelta dei titoli al visto si stampi. Insieme ai miei colleghi mi occupo di assegnare le traduzioni, revisionarle, curare l’impaginazione e la correzione di bozze, oltre alla scrittura dei testi promozionali e di copertina. Partecipo alle fiere del settore e seguo personalmente i tour degli autori.
Come si svolge praticamente il tuo lavoro e quali programmi utilizzi?
Seguendo tutte le fasi della produzione, può capitare nella stessa settimana di fare un’acquisizione per un libro che pubblicheremo tra due anni, lavorare al copertinario definendo titoli e copertine di libri che usciranno nella primavera successiva, impaginare un romanzo che uscirà tra quattro mesi e controllare le ciano di un titolo in uscita tra un mesetto circa. Diciamo che non ci si annoia mai.
Tenere a mente tutte le scadenze non è sempre facile, ma non riesco a immaginare di lavorare diversamente: di abbandonare una parte della filiera e non seguire la scelta delle copertine, per esempio, o mandare in stampa un libro che non ho letto non se ne parla.
In generale, lavoriamo sempre con parecchio anticipo – abbiamo già pronto l’intero piano editoriale del prossimo anno, e quasi metà dell’anno successivo –, ed è un continuo rimbalzare tra Word, InDesign e Google.
Quali sono le risorse (testi, siti o altro) che hai sempre sott’occhio e che ti aiutano durante il tuo lavoro?
In quanto redattrice e traduttrice, ho sempre sottomano dizionari di ogni genere, che ormai consulto quasi sempre online. Sulla mensola accanto alla scrivania, insieme a tutti i titoli della collana, tengo il Manuale di stile, al quale non riesco mai far prendere troppa polvere, lo consulto di continuo.
Per tutta la parte editoriale del mio lavoro, invece, leggo spesso riviste e blog letterari latinoamericani e statunitensi.

foto di daniel jensen
Qual è il libro SUR sul quale hai lavorato con più piacere?
È una domanda difficile, sono affezionata a moltissimi titoli, a ognuno per una ragione diversa.
Se dovessi sceglierne uno, direi Andarsene di Rodrigo Hasbún, che nel 2016 ha inaugurato la ricerca di SUR sulla narrativa latinoamericana contemporanea. È un romanzo di rara intensità e – a mio avviso – bellezza, che ho avuto il piacere di scegliere e di tradurre, e uno dei titoli a cui sono ancora oggi più legata, non smetto di regalarlo e consigliarlo.
Qual è il libro non SUR sul quale avresti voluto lavorare?
Tra i libri usciti negli ultimi anni, ce ne sono due che ho amato molto e sui quali sarebbe stata una grande soddisfazione lavorare: Le cose che abbiamo perso nel fuoco di Mariana Enríquez (Marsilio, 2017, traduzione di Fabio Cremonesi) e Una vita come tante di Hanya Yanagihara (Sellerio, 2016, traduzione di Luca Briasco).
Qual è la cosa che più ti piace fare del tuo lavoro?
Direi praticamente ogni cosa, del resto è un lavoro che richiede anche una buona dose di passione “incontaminata”, per così dire.
Amo leggere e valutare i manoscritti (forse perché ho il privilegio di lavorare solo con libri stranieri, e quindi su titoli che sono già stati selezionati e nel migliore dei casi editati prima di arrivare a me), amo il lavoro sul testo e le ore passate a cesellare frasi e parole. Non potrei tradurre se così non fosse (e tradurre è in assoluto la mia cosa preferita).
Al contrario della maggior parte dei redattori, poi, amo le fiere (quelle di pubblico, molto più che quelle di diritti): il contatto diretto con i lettori, guardarli finalmente in faccia e potergli consigliare una lettura che, mi auguro, li accompagnerà a lungo.
Qual è la cosa che più ti annoia fare del tuo lavoro?
La corrispondenza, senza dubbio. C’è sempre un carico eccessivo di mail da smaltire, e portano via un sacco di tempo.

foto di david kovalenko
Hai una norma redazionale che applichi a malincuore?
Direi nessuna, prendo le norme come semplici convenzioni, non mi ci accapiglio più di tanto. Ovviamente però mi irrita vederle applicate in modo incoerente o disomogeneo.
Qual è quell’errore (refuso o altro) che proprio non sopporti?
Quello che scovo solo dopo che il libro è andato in stampa.
A tuo avviso, qual è la caratteristica più importante per chi fa un lavoro come il tuo?
Molta curiosità, una pazienza secolare e una buona dose di pignoleria.
Consiglia un libro che parla del tuo lavoro e che credi possa essere utile a chi voglia iniziare.
Ce ne sono moltissimi, interi scaffali. Scelgo il volume Centolettori Einaudi (2015), che contiene cinquant’anni di storia editoriale e pareri di lettura, Questo è il punto di Francesca Serafini (Laterza, 2012) e La lingua è un’orchestra di Mariarosa Bricchi (Il Saggiatore, 2018).
foto di copertina di edgar guerra