Ecco il 1º capitolo del romanzo “Il commissario Cardascio e lo spillone insanguinato” di Gandolfo Conte che ha partecipato alla rubrica la verità, vi prego.
Per leggere la mia lettera di valutazione clicca qui.
Il commissario Cardascio e lo spillone insanguinato
Mettiamo che a Palermo ci siate dovuti venire e che siate arrivati alla Stazione Centrale. La stazione sta in Piazza Giulio Cesare, anche se nessun palermitano lo ammetterebbe mai. Per lui quella piazza non esiste e non l’ha mai sentita nominare. Eppure c’è. Si allarga davanti all’architettura provincialumbertina della stazione centrale e si chiude con la pomposa cortina marmorea, costruita nel ventennio, a far da ingresso monumentale alla via Roma.
Non è più notte e neppure giorno pieno, ma quell’ora incerta in cui la città finalmente rifiata. Le carovane dei nottambuli hanno preso la via di casa e non è ancora cominciato lo strombazzamento del traffico del mattino.
É un’occasione unica per guardarvi attorno perchè, fra poco, non lo potrete fare più.
Mettetevi spalle alla stazione e puntate gli occhi dritto davanti a voi. Oltre le cortine di marmo grigio del suddetto manufatto littorio si apre una strada larga, almeno per i parametri di Palermo. É chiaramente deserta data l’ora e avete la possibilità, camminando di ammirare la cortina di palazzi tardo liberty che la costeggia, giù, giù fino al Palazzo delle Poste, altro regalo del ventennio, maestoso e bianco. Una meraviglia fuori e soprattutto dentro coi suoi marmi neri e il rosso del rame delle pareti.
In fondo, dopo l’hotel delle Palme – così lo chiamano i palermitani – intravvedete una piazza, molto più piccola di quella che vi siete lasciata alle spalle. È Piazza Sturzo, altro nome che i palermitani non digeriscono. Non potendo per oscure ragioni ignorarla, ne storpiano il nome. Se proprio vi interessa sapere come, rivolgetevi ad altri miei, più o meno illustri, contemporanei concittadini scrittori, che su minchiate simili hanno costruito la loro fortuna editoriale. Beati loro!
Piazza Sturzo è propriamente un quadrivio. Una delle strade che vi si intersecano la conosciamo già perché l’abbiamo percorsa per arrivare. Due delle altre le tralasciamo perché non ci interessano. Guardiamo a destra. Lì comincia corso Scinà che tira dritto, almeno a quest’ora, visto che è sgombra di automobili, verso il mare che si intravede appena, come del resto in tutta la città.
Su corso Scinà si aprono una serie di stradine, rimasugli dell’intrico di vicoli della città vecchia. Su una di queste, Via Bontà, arriva un lapino carico di frutta e ortaggi, dal quale scende un uomo, che distinguiamo appena perchè la luce del giorno che avanza e quella della pubblica illuminazione, carente, non ci consentono di più. É un quarantenne del Borgo Vecchio e si chiama Totino. Così da lontano, a vederlo tirare calci come un tarantolato, sembra davvero buffo. Da cotanto tanto scalciare volteggia allegramente per aria qualcosa, che non si riesce a distinguere.
Totino si sente stanco e la giornata è appena cominciata. Ha parcheggiato il lapino davanti al portone di casa ed è salito su a farsi il suo secondo caffè.
Il primo l’ha preso, come ogni giorno da trent’anni a questa parte, che non erano ancora le tre e mezza di notte. Ora dalla finestra della cucina guarda sopra i tetti del Borgo Vecchio il cielo di Palermo farsi chiaro, un azzurro da presepe sul letto rossastro dell’orizzonte. Vi assicuro che è un’immagine da brivido romantico, ma il nostro verdumaio morto di sonno com’è non ci fa caso. O, magari, come succede da un po’ di anni con la moglie, ci ha fatto l’abitudine e neppure la vede veramente, pure se, con la tazzina in mano, guarda proprio da quella parte.
Totino vende frutta e verdure al Borgo e, come ogni mattina, è andato ai mercati generali. Ha caricato il lapino e, dopo il caffè, andrà ad aprire il banco che tiene sulla piazza. Totino è uno come tanti a Palermo. Non se la passa male. Come tutti, si lamenta che i soldi non gli bastano mai, anche se si è comprato l’appartamento in città e il villino a San Nicola. Inutile ricordarglielo, però, perchè vi ripeterà che gli mancano sempre quattro soldi per fare una lira, come diceva suo nonno buon’anima.
Prima di cominciare la giornata deve svegliare suo figlio Rosario.
Il picciottello ha 17 anni e di scuola non ne ha mai voluto manco a brodo. Dorme ancora perchè mai ha voluto seguire il padre ai mercati all’alba. Totino, che pure è grosso e ha la faccia cattiva, per quel figlio si squaglia tutto e ci passa sopra.
Rosario dorme e sogna ragazzine, come tutti, o quasi, i picciottelli della sua età. E’ impegnato, proprio adesso che suo padre apre la porta del suo camerino, in una laboriosa manovra per slacciare il reggiseno a Vanessa, la figlia di una vicina di casa.
– Rinù, amunì, Rosario, i cinqu si ficiru.
Totino ha cominciato a chiamarlo già prima di aprire la porta, ma a Rosario manco ci passa per l’anticamera del cervello di sentirlo. E chi gli darebbe torto, visto quello che sta sognando e quello, invece, che dovrà fare dopo che il padre sarà riuscito a svegliarlo?
Alla fine, comunque, il picciotto ha indossato il jeans e la maglietta e mangia latte e brioss sotto lo sguardo del padre che si ostina a raccontargli che ha visto questo e ha salutato quell’altro e che oramai coi prezzi non ci sta più nessuno.
Rosario, come sempre, si sta scordando dei giornali da portare giù. Ci pensa quando è già a metà delle scale. Santiando risale, ne prende un grosso fascio dallo sgabuzzino della cucina e lo porta al padre che vuol farlo sedere accanto a lui. Ma Rinuccio ne ha già sentite abbastanza di minchiate per quella mattina e tante ancora ne dovrà sentire per tutta la giornata che l’aspetta. Quindi, si siede coi piedi a penzoloni sul cassone e piglia dal mucchio un giornale, il primo che gli capita.
Guarda tu la combinazione…
Legge appena il titolo dell’articolo di nera Omicidio alla Vucciria e la cosa non gli fa né caldo e né freddo. Butta il Giornale di Sicilia con gli altri e, come tutti, pensa ai fatti suoi.
Ah, dimenticavo, ricordate che avevamo visto Totino scalciare qualcosa? La cosa in questione è rimasta sul marciapiede proprio di fronte a casa sua. Ed è davvero una cosa assai strana, un grosso topo di fogna con ancora in bocca i resti di un piccione spiaccicato da una macchina di passaggio.
Attilio Martiriano è un pensionato come tanti. Ha 72 anni e bisogna dire che se li porta niente male. Però ha un pochino di alzheimer. Niente di grave, perchè scaminìa come un ragazzino tutto il santo giorno, salendo e scendendo le scale che è un piacere a vederlo. Certo, gli è successo un paio di volte di scordarsi la strada di casa. Certo parla che pare una macchinetta e la gente, pure i pochi amici che ha, lo evitano come la peste. Ma, se vi guardate un poco in faccia tutti quanti, con sincerità, ditemi chi non vorrebbe arrivarci alla sua età come ci è arrivato lui?
Comunque, Martiriano, tutte le mattine va a fare la spesa. Evita i negozianti vicini perchè li considera dei ladri, e non ha tutti i torti. Evita lo stesso pure quei pochi che ladri non sono perchè Attilio Martiriano, sarà per l’età, sarà per l’alzheimer, è tirchio assai.
Quindi, prende l’autobus verso le otto, tanto ha la tessera gratis di invalido civile, come tutti, e se ne va al mercato del Borgo Vecchio.
Questo mercato non è uno dei tre mercati storici della città che sono il Capo, la Vucciria e Ballarò. E’ abbastanza recente, circondato da palazzoni anni ’70, nel pieno centro cittadino, a due passi da Piazza Politeama. A dispetto però della vicinanza con la città bene, i prezzi sono buoni e le botteghe sempre aperte, domeniche e festivi compresi.
Ora per tornare a Martirano non è che il Borgo ha prezzi più convenienti del Capo, che gli verrebbe più vicino. Il signor Attilio però pensa di sì, contento lui!
Oggi cerca un pochino di arance sanguinelle, quelle rosse per intenderci, che vanno tanto di moda oggi. Ma, non riesce a decidersi. I prezzi gli sembrano spropositati. Martiriano comunque ha tutto il tempo che vuole in quanto pensionato, quindi che premura c’è.
Finalmente, avvista un banchetto che ne ha in bella mostra una montagnola.
Se non l’avete ancora capito è, guarda la combinazione, il banchetto di Totino.
Il nostro fruttivendolo è momentaneamente assente e vorrei vedere, povero cristo, dopo essersi alzato alle tre del mattino!
C’è, ovviamente, Rosario spaparanzato su una sdraio, occhiali scuri e ipod alle orecchie.
Martiriano, sarà per l’età, sarà per l’alzheimer, non è che abbia molta pazienza. Ha provato a chiamare il picciotello ma senza risultato. Ora un pochino alterato e lì che gli scuote una spalla: A quanto stanno le sanguinelle?
Rosario non se la piglia. Ne vede tante ogni giorno al mercato che Martirano incazzato manco lo calcola.
Alla fine l’affare si fa; un chilo di sanguinelle e stop che oggi non si può più campare, la pensione non vale più una minchia e Quelli invece rubano i soldi ai poverelli. E via di seguito, come fanno tutti. Si tratta, però, di puro e semplice soliloquio, che per Martiriano non è una novità, perchè Rosario in un lampo si è rimesso alle orecchie l’ipod e sente solo la sua musica metal partenopea.
Con le arance avvolte nella carta di giornale, insieme alle zucchine per il pranzo e agli spinaci per la cena, il pensionato si ripiglia la 104 per tornarsene a casa.
E al solo pensiero gli si chiude la bocca dello stomaco. Perchè direte voi? Beh perchè Martiriano ha un figlio. Vabbè, d’accordo che c’è la crisi delle nascite e che gli embrioni li buttano nel cesso, ma non è che l’avere un figlio sia proprio una cosa tanto straordinaria. E poi al Sud i figli ancora si fanno.
Non è questo il punto. Ovvio. Il fatto è che Ciccio, il figlio di Attilio, è, come dire, un tantino strano. Chi conosce il pensionato, non si meraviglierebbe certo di questo, è vero. Ma si tratta di stranezza particolare.
Comunque sia a Martiriano questo figlio non gli cala per niente. Alla bella età di 25 anni se ne sta ancora a casa a mangiare a sbafo e guai a farglielo notare perchè si scatena l’inferno. Lui da solo contro Ciccio e la signora Martiriano, che come tutte le mamme del mondo conosciuto, difende il proprio pargolo, si fa per dire, con la furia di una lupa con la rabbia.
Dice che lavora, eh sì, bello lavoro fare il cameriere per quattro euro al mese. Con questi soldi, poi, mai che avesse pensato di contribuire alle spese familiari.
Il nostro pensionato è ora nella cucina di casa. Sono appena le dieci del mattino, ma, come si è visto, lui si alza presto e, nonostante tutta la sua buona volontà nel perdere tempo, dopo due ore a casa ci è dovuto tornare per forza.
Non aspettatevi niente di che, la cucina dei Martiriano è uguale a mille altre, fatte di compensato tirato a lucido e di elettrodomestici incassati. Una di quelle che compri con meno di settecento euro, una occasione da non perdere. Per chi la vende, ovviamente. Perchè, e non ditemi che non lo sapete, dopo un po’, le superfici si gonfiano e gli elettrodomestici di sfasciano. Tuttavia, onore al merito della signora Martiriano, questa è come nuova, pulita e linda che è un piacere a guardarla. Nonostante ciò, Attilio non sembra affatto contento. Fa una faccia schifata manco avesse visto un cane morto da una settimana. Guarda nel lavello e scuote la testa come a dire, ci risiamo… In effetti, se solo potessimo affacciarci un attimo nella linda cucina dei Martiriano, faremmo la stessa faccia pure noi. C’è una puzza che si crepa. A quanto pare, il nostro pensionato la conosce già e ne conosce, pare, anche la causa, alla quale intende porre rimedio in seguito, limitandosi per l’intanto a mettere a posto la frutta e le verdure che ha comprato al mercato.
Datosi che i giornali non li butta mai perchè possono servire ancora, anche il Giornale di Sicilia che incartava zucchine e sanguinelle va a finire sulla pila che sta in cucina.
E, guarda un po’ la combinazione, proprio in cima alla suddetta che ci sta?
Omicidio alla Vucciria
Un pensionato sessantenne trovato morto ieri in Via Chiavettieri.
La Questura non esclude nessuna pista.
I particolari in cronaca
A questo punto, le cose sono due: o è una maledizione o, cosa assai più probabile, di quest’omicidio dovremo occuparci.
Comunque, aspettiamo e vedremo.