Lasciate fare la poesia ai poeti
Uno dei commenti che scrivo più spesso ai margini di un romanzo da valutare o editare è: sta facendo poesia. Se lo pronunciassi pubblicamente starei dicendo un’inesattezza anche abbastanza fastidiosa, perché nel mio lessico privato quella frase significa: “scrive belle parole a vuoto”, mentre la poesia è tutt’altro che questo, è anzi proprio il contrario di questo: la poesia carica le parole di significato. Ma ognuno di noi può permettersi il lusso di non correggersi quando pensa, di parlarsi in quella maniera inesatta e caotica e anche contraddittoria dettata dalla necessità di far presto e intendersi con una strizzatina d’occhio – ed è un lusso che io mi concedo quando per lavoro parlo (scrivo) per me. Com’è ovvio, se l’analisi di ciò che leggo non deve restare nel mio cervello, ma essere comunicata all’autore, all’agenzia letteraria o a chi altri, “aggiusto” la mia frase in modo che abbia un significato più certo, comprensibile, condivisibile. E però dentro di me la voglia, doverosamente ammansita, di “dirlo come mi viene” resta. Mi vibrò in corpo come una primavera …