Ribellarsi al cinismo. Perché c’è ancora bisogno di “Cuore”
Se vi stabiliscono un dialogo fecondo di suggestioni, i classici, per chi li legge, si configurano come degli «equivalenti dell’universo, al pari degli antichi talismani» (Calvino). Così, portati sempre con sé, possono sortire effetti benefici e domare i demoni interiori. Alcuni meritano di essere spolverati, altri non hanno mai smesso di stare appesi al collo di qualcuno, ma tutti, se lucidati, risplendono di una bellezza più viva. Da dove nasce la loro magia? In una memorabile pagina di Fahrenheit 451, Ray Bradbury scriveva che si ha letteratura laddove, come sotto il vetrino di un microscopio, si possa osservare, in fiumane in infinita profusione, la vita scorrere, pullulare, pulsare. Cuore, il libro che intende(va) preparare i futuri cittadini come soldati della patria sotto la duplice insegna dell’obbedienza e del sacrificio; che a fronte del buon Garrone pone l’elemento dialettico rappresentato da Franti, antitesi contrassegnata da perfidia e sottolineatura del ridicolo e simbolo parimenti dell’aspetto (incorreggibilmente?) tragico del reale; che mette davanti ai fanciulli, rinfrescandone allo stesso tempo il ricordo ai “grandi”, quelle virtù disprezzate da chi …