intervista a cura di Luigi Loi
4+1 è una madeleine fatta di libri: ogni scrittore sceglie i quattro che più rappresentano le connessioni tra corpo e narrazioni, più uno, il jolly: il libro legato alla sua personale visione del corpo come territorio di confine tra potere e autodeterminazione, tra significati politici e ridefinizioni. L’autore di oggi è Giordano Tedoldi.
Franz Kafka, Il processo
Se fossi stato Orson Welles, alla richiesta di elencare i miei cinque libri favoriti sul tema corpo e identità avrei risposto: 1, Il processo di Kafka; 2, Il processo di Kafka; 3, Il processo di Kafka; 4, Il processo di Kafka; 5, Il processo di Kafka (questa parte è stata scritta senza fare uso del copia e incolla). Perché Orson Welles? Perché ha girato l’unico film tratto da Kafka che non fa vergognare il regista? Ma no, la verità è che gli invidio il modo sprezzante con cui si liberava di incombenze fastidiose, come le liste, con spirito e al tempo stesso rispondendo pertinentemente. Ma, seriamente, perché Il processo di Kafka? Per la scena – vado a memoria, neanche Dio potrebbe obbligarmi ora a cercare il passo – in cui K in qualcuno di quegli abominevoli uffici in cui gira disorientato, apre un armadio (che forse scambia per una porta, o forse no) e ci trova un impiegato che ne frusta un altro. Sono restato piccolo, spero sempre di trovare negli armadi sesso e morte.
Henry Miller, Opus Pistorum
L’unico romanzo pornografico che non mi faccia sbadigliare a morte. Insuperabili le scene di sesso in cui lui incula una donna e le piscia dentro riempiendola come l’otre di Eolo poi lo sfila. Di queste scene ce ne sono diverse, a un certo punto diventa un motivo ricorrente che non si può nemmeno definire ossessione: ti fa pensare che Miller era rimasto un bambino masturbatorio nel suo profondo, un fanciullo sconvolto dalla prima apprensione del fatto che l’orifizio anale potesse avere potenzialità erotiche e, in generale, usi alternativi a quelli defecatorii. Commovente.
H.P. Lovecraft, Aria fredda (racconto)
Il mio racconto di Lovecraft preferito. La costruzione del mistero, l’ambiguità, quella vasca da bagno, lo scioglimento, e naturalmente l’aria fredda stessa che gela le dita e le tempie del lettore ne fanno un testo che mi pare in alcuni altolocati ambienti si dica “seminale”. E questo racconto è proprio la storia di un seme, il seme uomo, il seme in tutto il suo ciclo vitale. Purtroppo è, da tempo, in corso una rivalutazione di Lovecraft, e questo mi induce a sospettare che non fosse un così grande scrittore come in realtà penso. Ma ormai è in corso una rivalutazione di tutto, siamo così disperati che non buttiamo via nulla.
Knut Hamsun, Fame
Gli idioti credono che per fare un libro sul “corpo” bisogna parlare del corpo e nominare spesso la parola “corpo” e spostare questo “corpo” di qua e di là come un sacco di patate e poi alla fine chiudere con una frase che non sfigurerebbe in un libro intitolato “Quattro chiacchiere col mio Angelo Custode” del genere: «io non avevo capito un cazzo, ma il mio corpo sì». Lasciamoli nelle loro illusioni. Questo romanzo ha per protagonista un uomo che esiste come nessun altro personaggio romanzesco era esistito prima di lui e che dunque prova i crampi della fame e si rotola su pavimenti di assi di legno stringendo le più belle matite da scrittore invenduto che siano mai strette da mano di fallito.
William Burroughs, Checca (anche noto come Queer)
Preferisco il vecchio titolo, Checca, al più recente Queer (che tuttavia rispetta l’originale). Non sono un fan di Burroughs, benché ovviamente abbia goduto moltissimo leggendo il Pasto Nudo, ma mi sono guardato bene dall’affrontare La macchina morbida e tutti gli altri: non volevo finire nel fotomontaggio casereccio di una fanzine underground. Questo libro l’ho letto nel periodo di massimo disorientamento circa la mia identità sessuale, e lo consigliavo a tutte le ragazze che mi volevo fare. Non capisco il significato dell’apologo, ma è l’unico libro di Burroughs che sembra scritto senza la preoccupazione di essere approvato dalle fanzine underground.
Giordano Tedoldi è nato a Roma nel 1971. Ha scritto la novella Deep Lipsia, una raccolta di racconti, Io odio John Updike (Fazi 2006, 2° ed. Minimum Fax 2016) e i romanzi I segnalati (Fazi 2013) e Tabù (Tunué 2017).
foto di copertina di bash fish