“Il mio anno di riposo e oblio”: il sonno come un postmoderno preferirei di no di Bartleby
Dopo aver letto Il mio anno di riposo e oblio ho ascoltato diverse interviste ad Ottessa Moshfegh e ho cercato la sua voce negli articoli pubblicati in giro, quella voce che è la cifra della potenza della sua scrittura. In un’articolo dello scorso marzo uscito sul Guardian, Moshfegh dice: Spesso rifiutiamo di riconoscere la bruttezza in noi stessi e nel mondo, per vergogna, o vanità. Lo dice parlando di un autore che considera un suo punto di riferimento: Bret Easton Ellis. American Psycho, per Moshfegh, è il libro che ha stabilito la misura del confine, o meglio dell’assenza di confine dove avrebbe potuto spingere i suoi personaggi e la sua storia. Nel suo romanzo infatti ritroviamo una certa atmosfera rarefatta e pesante insieme, l’accordatura delle voci su quello che si può dire e quello che forse no, ma si può dire lo stesso. E una New York che vediamo senza vederla veramente mai, chiusi nel confino in casa con la narratrice e uscendo solo in rare occasioni: il caffè, la psichiatra, la farmacia, un funerale. …