All posts filed under: studio & analisi critica

Il romanzo storico e dintorni

di Stefano Trucco L’abbraccio tra storico e fantascienza Cominciamo con una considerazione molto ovvia, e cioè lo stretto rapporto strutturale che il romanzo storico ha con la fantascienza (e in misura minore con il fantasy), che infatti spesso si presenta come ‘storia futura’. In entrambi i generi lo sfondo predomina sul primo piano, il contesto sui personaggi. Se prendo una storia standard – un amore difficile, un omicidio, un viaggio, una infanzia, etc. – e la calo in un tempo diverso dal presente, passato o futuro che sia, il peso dell’attenzione si sposta dai protagonisti allo sfondo, perché in caso contrario sarebbe bastato restarcene a casa nostra nel 2020 (cioè, no: meglio 2019) e concentrare i riflettori sui personaggi. Avremmo comunque dovuto fare attenzione al contesto, dato che non si vive su un’isola deserta senza contatti né bisogni, ma è chiaro che in una storia dell’oggi possiamo dare molto per scontate alcune cose, mentre non è così se vogliamo raccontare una storia del 1520 o del 2520. Stabilito il punto dello sfondo è chiaro che …

Il tormento, l’estasi e l’identità di confine: la serie tv “Undone”.

Un incidente stradale, così comincia Undone. Una donna sfreccia piangendo agli incroci deserti di una cittadina del sud degli Stati Uniti. A un certo punto vede suo padre morto, e un’auto le finisce addosso, mandandola a sbattere contro un palo. Sangue, vetri rotti, e la prima frase, in flashback: “I’m so bored of living”, sono stanca di vivere. Così Undone aggancia lo spettatore, trascinandolo nel momento esatto di rottura dell’equilibrio nella vita della protagonista e tornando poi indietro a raccontare l’antefatto di quell’incidente.  Indietro? Avanti? Mai come in questa serie il tempo è relativo.  Undone, un viaggio allucinato di scoperta  Non è facilissimo riassumere Undone, serie animata di Amazon Prime uscita nell’autunno del 2019, nata dalle stesse menti creatrici di BoJack Horseman, un’altra grandissima, sebbene diversa, serie animata: Kate Purdy and Raphael Bob-Waksberg. È la storia di Alma, che, dopo essere finita in coma per via del suddetto incidente, comincia ad avere delle visioni del padre che le chiede di scoprire la verità sulla sua morte, e tutto il suo mondo e la sua percezione …

Contro JOJO RABBIT e le storie innocue

La candidatura agli Oscar come miglior film e migliore sceneggiatura (e migliore attrice non protagonista per Scarlett Johansson) di Jojo Rabbit me la spiego solo con l’amore e il gusto che Hollywood prova da sempre a ridicolizzare il personaggio che più di ogni altro nella storia identifica il male assoluto: Adolf Hitler. Non è un gesto narrativo facile, quello di ridicolizzare il male, è anzi un gesto coraggioso e complicatissimo e infatti i precedenti non sono numerosi, nonostante il tempo passato sia ormai molto lungo. Però questi precedenti ci sono, e sono memorabili, e, come ogni opera d’arte, al di là delle intenzioni e della bontà dell’idea, Jojo Rabbit non può fare a meno di confrontarcisi, uscendone molto male. Fuori discorso ogni prospettiva moralistica: tutto si può (e si deve) raccontare in tutti i modi possibili. Si può ridere dell’olocausto? Sì, si può ridere, perché ridere è un’azione umana come piangere, commuoversi, immedesimarsi, ricordare, ma soprattutto è un’azione artistica dimostrativa e catartica. Però quando si tocca un macigno grosso come l’olocausto non basta chiedersi il …

La scrittura alcolica: “Viaggio a Echo spring” di Olivia Laing

Fare la propria parte Tempo fa, quando volevo capire cosa significasse sognare ripetutamente uno tsunami che mi spazzava via dalla faccia della terra, ho letto un libro che si intitola Psicanalisi delle acque. La frase che sembrava facesse al caso mio mi sembrò questa:  L’acqua mi accarezza, mi culla e mi sorregge, a patto che anche io faccia la mia parte.  In qualunque situazione, anche quella più confortevole, è necessario uno sforzo personale perché la medesima situazione non si trasformi in un trappola. È questa la prima immagine che mi è venuta in mente leggendo Viaggio a Echo spring. Storie di scrittori e alcolismo di Olivia Laing. Obiettivo del libro: il mobiletto dei liquori L’obiettivo del libro è chiaro fin dall’inizio, limpido nella sua semplicità come l’argomento di una tesi di laurea: Volevo sapere cosa spinge le persone a bere e quali effetti ha su di loro. Nel caso specifico, volevo sapere perché gli scrittori bevono e come questa miscela di spiriti si è ripercossa sull’organismo della letteratura. Poi la Laing dichiara il suo metodo: …

L’età della diva: Feud

Quante volte abbiamo sentito la frase “le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne”? E quante di queste volte abbiamo fatto seguire lo sforzo di chiederci, con un minimo di onestà intellettuale, perché? Non perché lo siano, ovviamente non lo sono, è una cavolata come qualunque generalizzazione di questo tipo, ma perché certe cavolate risultino tanto confortanti da mettere radici profondissime e faticosissime da dissotterrare. Ryan Murphy se la pone questa domanda. Lo fa con la consapevolezza di avere il potere di dare una risposta. Lo fa in Feud: Bette & Joan, una serie che farebbe bene a tutti vedere, anche solo per l’esercizio di pensiero di capire come funziona, e a “chi” serve davvero, la manipolazione della narrazione dominante. La serie di FX mette in scena la celebre rivalità tra le due dive holliwoodiane Joan Crawford e Bette Davis, interpretate qui da Jessica Lange e Susan Sarandon. Partendo dall’introduzione di una narrazione a posteriori, elaborata attraverso un finto documentario nella serie in cui a parlare sono altre dive hollywoodiane a conoscenza dei fatti …

“Daybreak”: la fine del mondo non è poi la fine del mondo.

Non c’è nessun aspetto più determinante in una storia del punto di vista. Questo non solo vale per tutte le storie che rientrano nell’ambito della finzione, ma è il motivo primario per cui il racconto del reale, la Storia, è così sfuggente alla significazione univoca. Quello che accade, infatti, quando dei personaggi e il mondo che abitano passano da un “autore” (che sia esso scrittore o semplice “voce narrante orale” poco importa) a un altro, è che quei personaggi e quel mondo diventano altri personaggi, altro mondo. Nelle narrazioni che fanno passaggi transmediali, questo aspetto risulta particolarmente visibile e analizzabile. Cosa succede a un racconto quando passa dal potere creativo individuale di uno scrittore a quello collettivo di coloro che lavorano a una serie, per esempio? Di norma lo sguardo si allarga, l’universo narrativo si espande, la storia cambia. A confermare questa tesi, arriva la serie Netflix di Brad Peyton e Aron Eli Coleite, Daybreak, tratta dalla graphic novel omonima di Brian Ralph, che però con quest’ultima ha in comune ben poco oltre il titolo. …

Damigelle, principesse e altre donzelle che non vogliono essere salvate

I tropi narrativi sono quegli strumenti di cui si serve chi racconta una storia. Personaggi, ambientazioni, espedienti: come immagini stock, come munizioni immagazzinate in un arsenale, i tropes sono mezzi a disposizione di chi scrive, pronti sugli scaffali, strutture riconoscibili da riempire di contenuto. Qual è il confine tra tropi e cliché? Quali sono gli esempi di tropi ben dosati e quali i luoghi comuni da scardinare? Tropo #4: la donzella in difficoltà  Hercules: «[confuso] Ma… voi non siete una… donzella in difficoltà?» Meg: «[catturata dal centauro] Sono una donzella, sono in difficoltà, me la cavo da sola. Buona giornata.» (dal film “Hercules” , Walt Disney Pictures) Dal mito greco di Orfeo ed Euridice a Raperonzolo, dall’Alcesti di Euripide a Super Mario, il tropo della damigella in difficoltà che aspetta solo di essere salvata dal prode cavaliere o eroe di turno non ha bisogno di alcuna presentazione. Un tropo così elementare da aver ricevuto ogni tipo di trattamento: è stato estremizzato, ridotto a parodia, giustificato dalle circostanze, invertito, sovvertito. Ma anche ampiamente utilizzato e riutilizzato …

Euphoria: rappresentare la generazione post 11 settembre

C’è stato un periodo molto preciso degli anni 2000 in cui sono uscite, quasi contemporaneamente, tre serie teen: una ambientata a Bristol, in Inghilterra, una a New York, o meglio, nell’Upper East Side (che dire New York in effetti è mancanza di precisione), e una a Beverly Hills. Quelle ambientate negli USA hanno a poco a poco perso il mio interesse, tanto che delle ultime stagioni, lo confesso, ho solo letto i riassunti degli episodi. La serie britannica è diventata invece il mio standard di riferimento per quanto riguarda i teen drama. E sì, mi riferisco a Skins. Il motivo principale per cui Skins vinceva è perché aveva un cast di attori emergenti strepitosi e vivissimi, che riuscivano a riportare in scena dei personaggi adolescenti credibili scritti benissimo, liberi dall’incombenza di ogni tipo di paternalismo moralizzante. Ed è proprio a Skins che ho pensato in diversi momenti, in quelli migliori, di Euphoria. In altri, decisamente no. Euphoria Euphoria racconta le vicende di un gruppo di liceali in una non precisata e eterotopica cittadina suburbana, presumibilmente …

Fare un buco nell’acqua

I tropi narrativi sono quegli strumenti di cui si serve chi racconta una storia. Personaggi, ambientazioni, espedienti: come immagini stock, come munizioni immagazzinate in un arsenale, i tropes sono mezzi a disposizione di chi scrive, pronti sugli scaffali, strutture riconoscibili da riempire di contenuto. Qual è il confine tra tropi e cliché? Quali sono gli esempi di tropi ben dosati e quali i luoghi comuni da scardinare? Tropo #3: acqua e da dove arriva Dove c’è una narrazione consapevole l’acqua segnala sempre qualche cambiamento in arrivo: nell’arte l’acqua non scorre invano, o non dovrebbe. Questo è ancora più vero quando l’acqua arriva dal cielo. La pioggia è presagio di ciò che andrà a fecondare. La pioggia segnala una svolta della vicenda, spesso una maggiore consapevolezza. L’esempio più noto viene dai Promessi sposi, simbolo e fatto si racchiudo così nel temporale: Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia del lazzaretto e preso a diritta, per ritrovar la viottola di dov’era sboccato la mattina sotto le mura, principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che …

Il pilota di “The Boys”: dal minuto 5:45 una contro-storia di supereroi

Faccio una breve premessa: non ho letto The Boys, ho solo visto The Boys. Se mi dite che il fumetto è più bello mi fido. Sono consapevole delle diverse libertà della forma grafica rispetto a quella seriale, e immagino che la versione scritta e disegnata di The Boys abbia una carica feroce di violenza che è stata inevitabilmente diluita nella versione seriale. Tuttavia credo anche che il potenziale di una storia, in termini di profondità di narrazione, possibilità espressive ed evocative, immedesimazione ed empatia, raggiunga il massimo nella serialità come medium. Più che nel cinema, più che nei fumetti, più che nei libri. Lo dico con profonda convinzione e con una grossa dose di parzialità. E non sto dicendo che quel massimo sia stato raggiunto da The Boys. Che anno glorioso per i supereroi! L’opera a fumetti di Garth Ennis e Darick Robertson è arrivata a Luglio scorso su Amazon Prime, nella sua versione seriale creata da Eric Kripke, in questo 2019 ricchissimo di gente mascherata e superdotata, più o meno malandata, che popola l’immaginario …