Autore: Luigi Loi

Non prenderla come una critica – Le ripetizioni di Giulio Mozzi

di Luigi Loi Giulio Mozzi esordisce a sessant’anni col suo primo romanzo Le ripetizioni, un po’ come fece Gesualdo Bufalino con La diceria dell’untore (anche quello fu un libro riscritto per anni, pensato a lungo, esorbitante).  Ma Mozzi non esordisce – visto che lo ha già fatto nel ’93 con la bellissima raccolta di racconti Questo è il giardino – semmai si ripete: cambia formato e passa al romanzo, incastonando sempre dei racconti in una cornice narrativa. Questa cornice è il protagonista, Mario, “un uomo che inventa storie, modifica la realtà, non è interessato alla verità, né sulle cose né sulle persone […] vuole sposare Viola ignorandone la doppia, forse tripla vita. Anni prima è stato lasciato da Bianca, subito prima che nascesse Agnese, che forse è sua figlia e forse no. È succube di Santiago, un ragazzo dedito a pratiche sessuali estreme, e affida alle fotografie la coerenza e consistenza della propria vita”. È impossibile riassumere meglio il romanzo, perché l’infinita frammentazione della struttura narrativa mette in crisi l’esigenza difensiva del lettore di dare …

Non prenderla come una critica – Trilogia della catastrofe

Rodolfo Wilcock, nella prefazione alla Nube purpurea di Matthew Shiel, scrive che se all’interno di un opera di Émile Zola dovesse comparire un pesce volante l’intera struttura crollerebbe. Questa dichiarazione andrebbe osservata con la nostra consapevolezza di persone del ventunesimo secolo: i pesci volanti ci sono sempre stati, era Zola a censurarli. Più osserviamo la realtà nel dettaglio tanti più pesci volanti troviamo. Ce ne sono moltissimi nell’ultima raccolta di saggi dei tipi di effequ intitolata Trilogia della catastrofe. I tre autori sono Emmanuela Carbé, Jacopo La Forgia e Francesco D’Isa e si confrontano su tre diversi frammenti temporali: la fine, l’inizio e il durante del mondo. Tutti e tre seguono un leitmotiv, la catastrofe: uno dei metodi con cui si misura attualmente la realtà. Se nel Novecento questa misura era elitaria, e faceva percepire proprio Wilcock come un’avanguardia del fantastico, la catastrofe ha reso pure l’avanguardia popolare, tanto che Wilcock oggi si sposta di collocazione per andare nelle scienze statistiche: forse non avrebbe nulla da ridire, se non per la fatica del trasloco, dove …

Non prenderla come una critica – La peste nuova di Fulvio Abbate

La peste nuova di Fulvio Abbate, pubblicato per La nave di Teseo, è la riscrittura integrale di un romanzo scritto dall’autore ventiquattro anni fa. Questo è un segnale bibliografico, ma pure una spia dell’atteggiamento autoriale rispetto al passato che si auspica rettificabile, migliorabile. Ma vado con ordine. La trama, in pochissime parole, è questa: il protagonista, Guido Battaglia, è uno scrittore a cui due splendide ragazze affidano la missione di scrivere una barzelletta che possa salvare non solo la sua città, ma tutto il pianeta dalla morsa della peste. Guido Battaglia è l’alter ego dell’autore, ateo, laico, non vuole e non può salvare il mondo, ma può più realisticamente realizzare soltanto la propria felicità, l’unico compito che uno scrittore degno di questo nome può realizzare: «Guido era comunque un “artista”, in che altro modo, se non artisti, scrittori, narratori, alle prese con l’ideale trigonometria dell’approssimazione dell’esattezza espressiva, devono essere considerati gli inventori di barzellette?» (p. 77) Gli oggetti della devozione ininterrotta e l’artista La barzelletta che dovrà scrivere Guido è del tutto marginale all’economia della …

Non prenderla come una critica – Taccuino delle piccole occupazioni di Graziano Graziani

La vertigine di catalogare Il protagonista di questo romanzo è Girolamo, e forse ha un problema di memoria. Il condizionale è d’obbligo, visto che anche i suoi interlocutori sono dubbiosi in proposito: mi deve scusare, avevo premesso che questa cosa le sarebbe sembrata assurda, ma sa, ero venuto qui per un problema di memoria, i ricordi che ho nella testa mi si mescolano e non riesco più a metterli in fila. È un bel problema, fece lui, ma io non so se posso esserle utile. Non lo so neanch’io, dissi, perdendo il filo, ma poi gli chiesi, Perché, di cosa si occupa? pg 202 Girolamo è nato il 29 febbraio, un giorno che esiste solo ogni quattro anni: «ha un nome importante. Si chiama Girolamo Girolimoni, come il mostro di Roma». Forse ha un sosia, un doppio nato anche lui il 29 febbraio, nello stesso ospedale, nella stessa città e alla stessa ora. Forse ha amato e continua ad amare una donna di nome Viola. Non continuo. Si sappia solo che Il taccuino delle piccole …

Non prenderla come una critica – “La meravigliosa lampada di Paolo Lunare” di Cristò

Orfeo non dovrà mai voltarsi indietro se vuole che Euridice viva ancora una volta. Ma ovviamente il sospetto che lei non lo segua disfa l’incanto sigillandola nuovamente nel silenzio. Questo mito ci consola dicendo: nonostante Euridice torni nell’Ade la morte non è infinita. Voltandosi indietro Orfeo compie più di un gesto: respicere significa anche immaginare, ripensare con attenzione il passato – e inevitabilmente – reincarnarlo nel presente. La meravigliosa lampada di Paolo Lunare di Cristò (TerraRossa Edizioni) costeggia attorno a questo tema: i morti non sono morti per davvero, vivono semplicemente altrove, si potrebbe persino comunicare con loro senza per forza voltarsi indietro. La trama che scrive Cristò è quindi molto calzante: l’amore tra Paolo e Petra ha una sua pacifica routine finché Paolo costruisce con le sue mani un regalo per la moglie: è così che Petra riceve la lampada la cui luce illumina i morti. Petra e Paolo sono entrati nell’ambito del respicere, ricalcando involontariamente e come possono i ruoli di Orfeo e Euridice. Involontariamente, perché il mito è un fiume carsico, scava …

Non prenderla come una critica – “Libro del Sole” di Matteo Trevisani

Vorrei incominciare scrivendo «A noi due», cioè con la stessa «affettuosa intimidazione» che Bufalino dedica al lettore delle Menzogne della notte. Voglio che l’eventuale lettore di questo discorso sia quanto più avvertito della parzialità del mio punto di vista, e del suo essere transitorio. Si può capire davvero il mondo senza aver fatto alcune esperienze? Posso comprendere cosa significhi la parola fratello, ma non conosco l’amore fraterno perché figlio unico. Quindi si possono capire pienamente certi libri senza conoscerne il significato più intimo? Sono agnostico e materialista. Leggo i Vangeli come altissimo testo narrativo di ineguagliata potenza espressiva. Afferro l’importanza che rivestono per la nostra civiltà. Ma non ho fede: senza quella forse non posso conoscere il significato più profondo del Vangelo. Al più ne posso fare una lettura artistico-letteraria, o filologica. Il resto mi è precluso. Senza questa premessa qualsiasi cosa scriva sul Libro del Sole di Matteo Trevisani sarebbe falsata e velleitaria, quindi, a noi due. Gli avverbi narrativi Il romanzo si muove su due livelli: uno di superficie, prettamente narrativo. Un altro …

Fare un buco nell’acqua

I tropi narrativi sono quegli strumenti di cui si serve chi racconta una storia. Personaggi, ambientazioni, espedienti: come immagini stock, come munizioni immagazzinate in un arsenale, i tropes sono mezzi a disposizione di chi scrive, pronti sugli scaffali, strutture riconoscibili da riempire di contenuto. Qual è il confine tra tropi e cliché? Quali sono gli esempi di tropi ben dosati e quali i luoghi comuni da scardinare? Tropo #3: acqua e da dove arriva Dove c’è una narrazione consapevole l’acqua segnala sempre qualche cambiamento in arrivo: nell’arte l’acqua non scorre invano, o non dovrebbe. Questo è ancora più vero quando l’acqua arriva dal cielo. La pioggia è presagio di ciò che andrà a fecondare. La pioggia segnala una svolta della vicenda, spesso una maggiore consapevolezza. L’esempio più noto viene dai Promessi sposi, simbolo e fatto si racchiudo così nel temporale: Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia del lazzaretto e preso a diritta, per ritrovar la viottola di dov’era sboccato la mattina sotto le mura, principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che …

La strada che porta in periferia

di Luigi Loi I tropi narrativi sono quegli strumenti di cui si serve chi racconta una storia. Personaggi, ambientazioni, espedienti: come immagini stock, come munizioni immagazzinate in un arsenale, i tropes sono mezzi a disposizione di chi scrive, pronti sugli scaffali, strutture riconoscibili da riempire di contenuto. Qual è il confine tra tropi e cliché? Quali sono gli esempi di tropi ben dosati e quali i luoghi comuni da scardinare? Tropo #1: la periferia italiana «Nella storia del romanzo italiano la borgata è sostanzialmente un’invenzione pasoliniana; lo ha immaginato lui per primo, quel mondo abitato da “esseri ontologicamente indigenti, di cui la tradizione non aveva ancora preso nota”» (Gianluigi Simonetti, La letteratura circostante, pg 360) La periferia italiana è il palcoscenico di tutte le bildungsroman d’ambientazione realista, o di tutti i reportage con una certa ambizione politica, perché la storia della città italiane è sempre la storia di chi acquista casa in Via dei Condotti a Roma (o Via Monte Napoleone a Milano) partendo da Torre Maura (o da Viale Famagosta). Il palcoscenico della periferia …

Un vecchio corpo: una condizione pubblica e soggettiva

di Luigi Loi Parafrasando Cormac McCarthy si potrebbe dire che l’unica cosa bella della vecchiaia è che finisce. Tentare di descriverla è difficile. Si tratta di un sapere più pratico che teorico perché se per un verso la vecchiaia è una condizione pubblica, è pur vero che ognuno di noi ha in potenza una vecchiaia da esprimere (o la sta già esprimendo) con tutta la soggettività psicologica/fisica/culturale/emotiva del giovane che è stato. Cercare allora di divinare queste tracce dai romanzi è pressoché impossibile, perché i meccanismi narrativi dicono solo quanto dichiarano di dire. Ma come lo fanno, che trucchi usano? In poche parole: che forma ha il dito che indica la luna? Gli estremi del vecchio La vecchiaia è fatta di posizionamenti e aspettative: che ruolo hanno nella nostra società e a cosa ambiscono i vecchi? Cosa si aspettano i giovani dai vecchi? E i vecchi dagli altri vecchi, cosa si aspettano? A sentire Simone de Beauvoir piccole aspettative e posizionamenti estremi: Se i vecchi manifestano gli stessi desideri, gli stessi sentimenti, le stesse rivendicazioni …

Vento, vino, fucili: la chiamavano sardità

di Luigi Loi La trinità La Sardegna, sembra assurdo doverlo ribadire, è fortemente antropomorfizzata. È persino entrata nell’era digitale: nel 1994 «l’Unione Sarda» è il primo quotidiano italiano ad avere un’edizione on-line, il primo in Europa, il secondo nel mondo. Eppure esiste una rappresentazione arcadica dei sardi: isolani fieri, con un sistema di valori forse antiquati, ma autentici. Scusate, sto usando troppe parole per dire qualcosa che si può dire in trenta secondi. Pubblicità: Uno spot bellissimo. La musica è contemporanea ma ha un accentuato sapore tribale. L’utilizzo del bianco e nero si riferisce a qualcosa di passato, quindi alla tradizione. Il montaggio è molto dinamico, moderno, con angolature enfatiche, ma propone una serie di abbinamenti visivo/verbali ironici: i nostri hipster sono i nostri vecchi saggi, mica dei fan di David Foster Wallace; i nostri loft sono i nuraghe; tradotto: la nostra birra rappresenta appieno la nostra tradizione, la nostra terra (nonostante l’Ichnusa sia olandese). Quindi se l’arte di raccontare finzioni si nutre di miti, archetipi, temi comuni e conflittualità, la rappresentazione della Sardegna come locus …