All posts tagged: Letteratura

Difendere la letteratura. Critica a “Contro l’impegno” di Walter Siti

di Luigi Loi Se Contro l’impegno, riflessioni sul bene in letteratura ha un pregio, tra i tanti che mi sento di attribuirgli, è quello di circoscrivere un discorso che impegna Walter Siti da quasi un decennio. Era il 2014 quando nell’editoriale del numero 5 di Granta Italia – significativamente intitolato Il male – scriveva «dall’ansia ossessiva con cui la società sta chiedendo alla letteratura “un messaggio di speranza”. Come se la famosa bellezza “che salverà il mondo” funzionasse da filtro, o da spurgo, capace di espellere il male e trattenere il bene – come se il male dovesse essere brutto per forza». Come se la letteratura avesse l’obbligo civile di un impegno etico, dice oggi Siti. Perché il nucleo fondante di questa raccolta di interventi, già apparsi su L’età del ferro tra il ‘18 e il ‘21, parla del peso specifico che la letteratura ha all’interno della nostra collettività. La risposta è implicita e sconfortante (per gli addetti ai lavori, sia chiaro): tanto più le discipline e i saperi letterari perdono il proprio peso, tanto …

Ironico, amaro, illuminante Jonathan Swift

di Andrea Bricchi Se vi stabiliscono un dialogo fecondo di suggestioni, i classici, per chi li legge, si configurano come degli «equivalenti dell’universo, al pari degli antichi talismani» (Calvino). Così, portati sempre con sé, possono sortire effetti benefici e domare i demoni interiori. Alcuni meritano di essere spolverati, altri non hanno mai smesso di stare appesi al collo di qualcuno, ma tutti, se lucidati, risplendono di una bellezza più viva. Da dove nasce la loro magia? Ingiustamente considerato per troppo tempo una mera lettura per ragazzi, I viaggi di Gulliver è in realtà tra i primi e migliori esempi di narrativa satirica e denuncia comportamenti, manie e pregiudizi che a distanza di tre secoli non possono ancora dirsi debellati. Quel che colpisce di più è come Swift si stagli quale antesignano degli esponenti dell’Illuminismo maturo, e in particolare di coloro che, nei contes philosophiques, addolcivano la medicina amara della realtà con il miele della forma narrativa, con il pungente valore aggiunto di una sferzante ironia. Ironia che troviamo più o meno costantemente nell’opera in oggetto. …

Il realismo vive, e si chiama Richard Yates

Sono anni che ascolto annoiata le teorie anti-realiste. I dottissimi perché che scommettono sulla morte del “romanzo borghese” in favore ora della parodia, ora della distopia, ora dei plus-mondi, ora del racconto dell’antropocene, e ora di chissà quale categoria stagionale di cui il “dopo tutto questo” (l’emergenza covid) ci convincerà. La maggior parte delle volte il disprezzo per il realismo nasce da un accumulo di pranzi-di-famiglia, traumi-del-corpo, liti-di-coppia e tropi vari di cui effettivamente il realismo si serve non sempre con onore. Una messa in scena del chi siamo nella nostra vita reale: siamo insieme buoni e cattivi, coraggiosi e ignavi, traditori e pronti alla morte. Compiamo azioni positive e azioni negative dunque le compieranno anche i nostri personaggi. Tutto questo guardarsi e ricopiare non è allettante. Quando capita, il realismo delude. Ma giudicare un’arte dalle prove artistiche poco riuscite non è un esercizio corretto e in più crea un grosso equivoco. Si confonde il realismo con la mimesi, il realismo con lo specchio della realtà, con il guardare dal buco della serratura, con lo …

Camera di smontaggio: pezzi da “L’evento” di Annie Ernaux

Abbiamo assistito spesso alla discussione sul metodo che un lettore critico deve porsi rispetto a un testo. Il nostro punto di vista è che il metodo smonta-frasi senza contesto allo scopo di deriderle sia inopportuno, perché non ci piace deridere il lavoro degli altri, ma sia soprattutto fallace: quasi tutti i testi, soprattutto se romanzi, hanno in mezzo delle frasi brutte, insensate, sciatte o altro: fate la prova anche con i migliori classici e troverete abbastanza frasi da farvi dire “che?” e spingervi a scriverne una recensione sarcastica. D’altro canto, siamo dell’idea che i testi “parlino” da sé, e che una serie di stralci messi in mostra, senza alcun accompagnamento critico, di analisi sull’autore, sul momento storico dell’uscita del romanzo, sui temi trattati, ecc, qualcosa da dire ce l’abbiano e siano in grado di significare almeno in parte la riuscita o la non riuscita di una scrittura. Questo è il nostro esperimento, la nostra camera di smontaggio. smontaggio di Valentina Grotta L’evento di Annie Ernauxtraduzione di Lorenzo FlabbiL’Orma Editore L’evento Tutte le immagini del mio …

Fidarsi del sé stesso lettore (educandolo)

Se lo chiedessero a me, la prima cosa che vorrei i lettori imparassero a fare è fidarsi del sé stesso lettore. Bene leggere le recensioni, bene ascoltare i critici letterari, bene il passaparola e le discussioni di gruppo, non bene farsi incatenare il pensiero dalle convinzioni altrui. Molte volte io ho vissuto il disagio di non “riuscire a capire” un testo che pareva invece tutti gli altri capissero. Bene chiedersi: tutti gli altri chi? I sempre-gli-stessi 10 blogger che leggo quotidianamente? L’ufficio stampa dell’editore con cui è uscito il libro? Il libraio di fiducia? La firma sul settimanale? Pur mettendo insieme tutte le voci che siamo soliti ascoltare nelle nostre decisioni sui libri non accumuleremo più di un condominio di 5 piani. Quindi, per prima cosa: ridimensionare il tutti. Certi discorsi oggi è pericoloso farli perché se ti scappano di mano c’è il rischio vengano equivocati con l’inascoltabile sciocchezza dell’uno vale uno. Ovviamente uno non vale uno. L’opinione del semplice lettore non vale quanto quella del critico; l’opinione del lettore occasionale non vale quanto quella …

Non prenderla come una critica – Il libro che visse due volte di Sally Rooney

di Valentina Grotta A 28 anni Sally Rooney è già una scrittrice dal successo planetario, e questo dal suo primo libro Parlarne tra amici (Einaudi, traduzione di Maurizia Balmelli). Osannata, a giusta ragione, dal New Yorker, è stata selezionata con il suo secondo libro, Persone normali (Einaudi, traduzione di Maurizia Balmelli), per il prestigioso Man Booker Prize. La casa editrice Faber&Faber ha appena annunciato che la BBC sta girando una serie tratta dal secondo libro, con Daisy Edgar Jones e Paul Mescal. Persone normali è uscito da poco, a nemmeno un anno dal primo libro, e già tutti ne parlano. Se ne parla perché è un libro molto bello, ben riuscito, ma soprattutto: identico al primo. Normal People: il libro che visse (già) due volte Questa somiglianza è strana, ma innegabile per diversi motivi. I due romanzi sono simili in almeno tre elementi: la trama, la conseguente dinamica tra i personaggi e il leitmotiv di fondo. Schema della trama: A ama B, da questi ricambiato. Una serie di avvenimenti, tumulti interiori, insicurezze e fraintendimenti dividono la …

Scrivo di dove sono nella vita

di Fabrizio Coscia «Scrivo di dove sono nella vita». Ho letto qualche anno fa questa frase pronunciata da Alice Munro in un’intervista radiofonica alla CBC del 1987, riportata nell’introduzione del Meridiano dedicato alla grande scrittrice canadese. Da allora non l’ho più dimenticata, perché rispecchia ciò che credo sia il compito di uno scrittore, ammesso che uno scrittore debba avere un compito: ovvero trovare le parole giuste per rispondere a una domanda impellente, la domanda che ci interroga su dove siamo nella vita. Tutto ciò che non riguarda questa risposta è superfluo, inessenziale, è gioco letterario, intrattenimento. Mi viene in mente, allora, quel passo biblico in cui Adamo, in Genesi, dopo aver commesso il peccato originale, si nasconde con Eva tra gli alberi dell’Eden agli occhi di Dio. «Come bisogna interpretare che Dio onnisciente dica ad Adamo: “Dove sei?”», domandano al Rav della Russia nel racconto chassidico riportato da Martin Buber nel Cammino dell’uomo. E il rabbino risponde: «In ogni tempo Dio interpella ogni uomo: “Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a …

Leggere la Shoah

di Alessandro Melia Immaginate quattro bambini. Li chiameremo Guido, Lia, Tullio e Liliana. Vivono in città diverse, hanno situazioni familiari diverse, ma hanno quasi tutti la stessa età, intorno agli otto anni, l’età del gioco, delle prime amicizie, delle prime scoperte. È per questo che sono accomunati dagli stessi pensieri, dagli stessi gesti: c’è chi scherza con i compagni, chi ripete una lezione a voce alta, chi viene incoraggiato dalla madre ad andare a scuola, chi ascolta il padre dire che è ora di prepararsi a diventare grande. Assomigliano a milioni di bambini tutti uguali sotto tutti i cieli. Li avete immaginati? Bene. Adesso fate un ulteriore sforzo. Immaginateli con lo sguardo perplesso mentre scoprono, da un giorno all’altro, di non poter più entrare a scuola, di non poter più vedere i compagni, l’amichetto o l’amichetta con la quale hanno sempre giocato. Hanno otto anni, non capiscono il motivo, sentono solo crescere dentro un indefinito senso di colpa. Improvvisamente si ritrovano a essere bambini diversi, isolati. Riuscite a immaginare il loro timore? Bene. Adesso fate …

4+1: Anatomie di Giordano Tedoldi

intervista a cura di Luigi Loi 4+1 è una madeleine fatta di libri: ogni scrittore sceglie i quattro che più rappresentano le connessioni tra corpo e narrazioni, più uno, il jolly: il libro legato alla sua personale visione del corpo come territorio di confine tra potere e autodeterminazione, tra significati politici e ridefinizioni. L’autore di oggi è Giordano Tedoldi. Franz Kafka, Il processo Se fossi stato Orson Welles, alla richiesta di elencare i miei cinque libri favoriti sul tema corpo e identità avrei risposto: 1, Il processo di Kafka; 2, Il processo di Kafka; 3, Il processo di Kafka; 4, Il processo di Kafka; 5, Il processo di Kafka (questa parte è stata scritta senza fare uso del copia e incolla). Perché Orson Welles? Perché ha girato l’unico film tratto da Kafka che non fa vergognare il regista? Ma no, la verità è che gli invidio il modo sprezzante con cui si liberava di incombenze fastidiose, come le liste, con spirito e al tempo stesso rispondendo pertinentemente. Ma, seriamente, perché Il processo di Kafka? Per …

Un vecchio corpo: una condizione pubblica e soggettiva

di Luigi Loi Parafrasando Cormac McCarthy si potrebbe dire che l’unica cosa bella della vecchiaia è che finisce. Tentare di descriverla è difficile. Si tratta di un sapere più pratico che teorico perché se per un verso la vecchiaia è una condizione pubblica, è pur vero che ognuno di noi ha in potenza una vecchiaia da esprimere (o la sta già esprimendo) con tutta la soggettività psicologica/fisica/culturale/emotiva del giovane che è stato. Cercare allora di divinare queste tracce dai romanzi è pressoché impossibile, perché i meccanismi narrativi dicono solo quanto dichiarano di dire. Ma come lo fanno, che trucchi usano? In poche parole: che forma ha il dito che indica la luna? Gli estremi del vecchio La vecchiaia è fatta di posizionamenti e aspettative: che ruolo hanno nella nostra società e a cosa ambiscono i vecchi? Cosa si aspettano i giovani dai vecchi? E i vecchi dagli altri vecchi, cosa si aspettano? A sentire Simone de Beauvoir piccole aspettative e posizionamenti estremi: Se i vecchi manifestano gli stessi desideri, gli stessi sentimenti, le stesse rivendicazioni …