Se lo chiedessero a me, la prima cosa che vorrei i lettori imparassero a fare è fidarsi del sé stesso lettore. Bene leggere le recensioni, bene ascoltare i critici letterari, bene il passaparola e le discussioni di gruppo, non bene farsi incatenare il pensiero dalle convinzioni altrui.
Molte volte io ho vissuto il disagio di non “riuscire a capire” un testo che pareva invece tutti gli altri capissero. Bene chiedersi: tutti gli altri chi? I sempre-gli-stessi 10 blogger che leggo quotidianamente? L’ufficio stampa dell’editore con cui è uscito il libro? Il libraio di fiducia? La firma sul settimanale? Pur mettendo insieme tutte le voci che siamo soliti ascoltare nelle nostre decisioni sui libri non accumuleremo più di un condominio di 5 piani. Quindi, per prima cosa: ridimensionare il tutti.
Certi discorsi oggi è pericoloso farli perché se ti scappano di mano c’è il rischio vengano equivocati con l’inascoltabile sciocchezza dell’uno vale uno. Ovviamente uno non vale uno. L’opinione del semplice lettore non vale quanto quella del critico; l’opinione del lettore occasionale non vale quanto quella del recensore costante. Però un loro valore le opinioni dei lettori ce l’hanno eccome. Prendiamo intanto le opinioni dei lettori forti, che in questo spazio immagino interessino a tutti di più.
Cosa si intende per lettore forte? Facciamo due casi:
- Se il lettore forte è colui che legge, mettiamo, 5 libri al mese, la sua opinione ha un peso significativo. Lo ha anche se i suoi 5 libri al mese sono Federico Moccia, Federico Moccia, Federico Moccia, Federico Moccia, Federico Moccia (o Fabio Volo x 5: di solito è Fabio Volo che viene assunto a categoria estetica, e io ne ho già parlato qui, ma in questi giorni è in altre faccende affaccendato).
Un lettore che legga 5 libri al mese legge più di me, e io lavoro in editoria, quindi sono una che legge. Bisogna considerare che probabilmente legge anche più di voi. Dobbiamo quindi tutti per forza confrontarci con quel numero lì, perché è un numero che indica una passione, una costanza, un uso, una quotidianità, una motivazione.
È un numero da cui io — che ritengo poco proficuo leggere 5 libri al mese, soprattutto se non raggiungono una certa quota di qualità — non posso prescindere nella mia analisi sulla lettura, nella mia rivendicazione della lettura. Perché la lettura non è mia. E qui cito quanto già sostenevo a proposito della scrittura, che non è degli scrittori. Nessuno si offenda: ogni mondo è di tutti.
- Se il lettore è forte non perché legge molti libri ma perché si chiede come leggerli (questo è il caso che preferisco, e ho inventato il laboratorio Apnea apposta) si ritorna al: uno non vale uno, ma costruirsi una propria critica, specifica e istruita abilità di lettore, direi addirittura una visione di lettore (che faccia da specchio alla visione dello scrittore) è il modo per non perdere la possibilità di una propria opinione sensata. Non solo: è il modo per costruirsi un’estetica di vita.
La lettura non è una pratica a sé stante, che finisce per essere solo ed esclusivamente in concorrenza con la vita; è invece uno di quei comportamenti attraverso i quali quotidianamente riusciamo a dare una forma, un sapore e uno stile alla nostra esistenza.
Marielle Macé, “La lettura nella vita. Modi di leggere, modi di essere” traduzione di Marina Cavarretta — QdR Loescher editore
Chiusa la catalogazione di lettori e abbracciata la tesi per cui ogni lettore è sì diverso nella scala dei lettori (e la scala oggettivamente c’è, non si può sostenere non ci sia) non è però dogma credere che ci siano di più e di meno titolati a farsi un’opinione. Quindi torniamo al punto: leggere e farsi un giudizio. Come si fa? Per me i metodi efficaci sono quelli radicali e contrari, ad esempio:
- leggi uno dopo l’altro libri di genere diversissimo (nota le differenze di struttura e di sviluppo tra un romanzo breve di fantascienza, un 1000 pagine russo dell’800, una raccolta di racconti di un autore postmoderno americano)
- leggi uno dopo l’altro libri che esplorano lo stesso nucleo ma con forme diverse (il rapporto uomo/natura nella fiction pura, nell’autofiction, nella metafiction, nel saggio, nel racconto breve, ecc)
- leggi uno dopo l’altro libri gemelli (es: tutti i romanzi che raccontano i tradimenti incrociati di una doppia-coppia attraverso i 4 punti di vista alternati dei protagonisti)
E via così. Ne ho altri, posso anche inventarli al volo perché sono facili e perché la questione a cui tengo arrivare non sono le tappe del percorso che ogni lettore tocca per raggiungere una maggiore capacità critica, una maggiore consapevolezza creativa (leggere non è un atto passivo), ma che infine ci sia per quel lettore la possibilità di capire che, diceva Theodor Adorno, “la forma è contenuto sedimentato”.
Per imparare a leggere è bene cominciare a sviluppare curiosità per la forma: guardare come sono costruite le pagine, ascoltare il suono che sviluppano i brani, contare la misura delle parole, delle frasi, dei capitoli, ragionare sui titoli, gli attacchi, i secondi e terzi pezzi, i finali. E insomma in prima analisi educare il proprio spirito primo, la propria ingenuità, le proprie considerazioni “a pelle”.
Si comincia da lì: dalle informazioni che capta il corpo (basta che non si annusino i libri di carta!) a suo modo intercettando la poetica di chi ha scritto; dalla serendipità che conduce a viaggiare da un testo all’altro, da un autore all’altro, da un tema all’altro; dagli “ho pensato che” senza base teorica, e che però sottintendono un’analisi con sé stessi: Perché l’ho scelto? Perché mi ha deluso? Come ha fatto a convincermi? Dove e quando è successo?
Si arriva infine a darsi di gomito con Vladimir Nabokov, quando diceva che non bisogna cercare storie in cui immedesimarsi, e aveva ragione. Perché lo scopo mica è scambiarsi effusioni con personaggi che parlino di me. Lo scopo è metter(mi) in ordine, fare spazio e selezione nella vita/libro: ri-creare la forma lettura dalla forma scrittura. Ma si capisce un poco alla volta.