Si diceva a luglio della farsa dei buoni propositi settembrini: quelli per cui si comincia a spergiurare già da inizio agosto caricandoli fino all’inverosimile così da mandare tutto all’aria già al primo del mese. Ebbene, noi non solo a luglio sapevamo già che detti propositi settembrini sarebbero stati una farsa, ma intuivamo che lo sarebbero più o meno stati anche quelli estivi. Dunque ci siamo lasciati con la lista delle cose da leggere e vedere durante l’estate e ci riprendiamo con la lista delle cose che abbiamo letto e visto davvero. Giurin giurello, l’estate è finita, ricomincia la vita (cit.)
L’estate finita di Francesca de Lena
Io di solito sono quella che spara altissimo e poi non ne ricava niente, quindi posso perfino dirmi soddisfatta del risultato estivo:
- non ho letto tutti i racconti di Petali e altri racconti scomodi (Guadalupe Nettel, La nuova frontiera, traduzione di Federica Niola) ma alcuni sì: ben scritti, misurati e suggestivi come sono i buoni racconti, ma alla lunga troppo onirico-romantici per i miei gusti. Quel tono che senza risultare stucchevole possono usarlo solo i giapponesi — e anche loro, a volte.
- A proposito di giapponesi: mi ero detta di ricominciare e invece non ne ho letto neanche uno. Consigli?
- Ho letto Io, lei, Manhattan (Adam Gopnik, Guanda, traduzione di Isabella Blum): un non-romanzo molto politico (nel senso del racconto di una generazione passata ma anche di un’identità collettiva attuale), molto digressivo (nel senso che piace a me: Gopnik parla delle cose in cui crede, di come le vede), molto amoroso a cominciare dalla dedica: “Questo è soltanto per Marta”.
- Non ho letto Culicchia né nessun altro italiano (ma ho letto inediti italiani, può valere?)
- Ho cominciato Le benevole di Littell: primo capitolo accattivante in flusso di coscienza del simpatico nazista; ora si entra nella parte vera, la storia in azione, e chissà a quale delle infinite pagine mi fermerò.
- Non ho visto I Soprano ma sì le prime 4 puntate di Too old to die young (Nicolas Winding Refne, su Prime): in certi casi yeah (la scena gigiona in cui William Baldwin con una tigre-peluche sfotte il seriosissimo Miles Teller nella camera kitsch della figlia), in altri “scusa ho capito che sei bravo, ma non possono passare tre quarti d’ora di silenzio tra una battuta e l’altra”. Da non guardare di sera: ci si addormenta.
- Cose fatte non previste: ho visto Undercover, serie belga davvero sorprendente: ottima ambientazione, bellissimi colori, un approfondimento evolutivo dei personaggi e delle loro ambiguità come se ne vedono pochi. Difetti di trama qua e là, però (m’)importa poco. Spero nella conferma per una seconda stagione.
- Ho letto Il mio anno di riposo e oblio (Ottessa Moshfegh, traduzione di Gioia Guerzoni, Feltrinelli): buon romanzo, molto malinconico, bravissima lei a tenerlo in piedi sul niente (la protagonista dorme o vuole dormire) e grazie a pochi e indovinatissimi personaggi secondari (l’ambigua amica Reva, l’ex fidanzato sadico Trev, la psichiatra Tuttle che dispensa farmaci come caramelle e l’artista concettuale che fa di lei e del suo sonno una performance). Peccato il finale tirato via.
L’estate finita di Giuseppe D’Antonio
Per quest’estate avevo pochi e (ben cromaticamente) organizzati progetti di lettura, che però sono del tutto sfumati. Al posto dei quattro libri che volevo leggere, ne ho letti altri, e sono:
- Hanya Yanahihara, Una vita come tante, trad. Luca Briasco, Sellerio 2016.
La storia lunga trenta e passa anni (e mille pagine e più) di un gruppo di amici newyorkesi straricchi e realizzati che passano il tempo a chiedersi scusa a vicenda. Però straziantissimo e commovente. - Elizabeth Day, Il party, trad. Serena Prina, Neri Pozza 2019.
La storia lunga più o meno trent’anni di due amici londinesi: uno omosessuale, povero e represso; l’altro esuberante e ricco. Amici sì, ma solo fino a quando la moglie del secondo non dà della “troia” a quello del primo (ma non era omosessuale?). E allora si rompono le giarretelle. Scontato ma piacevole. - Camille Bordas, Come muoversi tra la folla, trad. Giuseppe Costigliola, SEM 2019.
La storia di un ragazzino normale circondato da fratelli e sorelle geni che prova a fuggire svariate volte da casa senza mai riuscirci e fa troppe volte i conti con la morte. Tenero. - Dan Chaon, La volontà del male, trad. Silvia Castoldi, NN 2019.
La storia di tizi che si ricordano le cose in maniera molto diversa gli uni dagli altri. Sarebbe niente se di mezzo non ci fossero: matricidi, patricidi, ziicidi, promiscuità sessuale, droga e serial killer. Angosciante, morboso, inquieto e perturbante. - Eleonora Marangoni, Lux, Neri Pozza 2018.
La storia di un giovane italoinglese di buona famiglia che fa il light design e che eredita un vecchio hotel in un’isola sperduta della Sicilia. Va a vedere di cosa si tratta e succedono un po’ di cose mentre continua a pensare al suo vecchio grande amore che intanto non se lo fila di striscio. Denso e assolato. - Fabio Bacà, Benevolenza cosmica, Adelphi 2019.
La storia di un tizio dalla fortuna sfacciata che invece di starsene buono e non dare nell’occhio va in giro per Londra a cercare di capire il motivo di tanto culo. Labirintico e divertente.
L’estate finita di Luigi Loi
Leggere è un obiettivo modesto e nella migliore delle ipotesi conduce al prodigio: essere più ignoranti di prima. Ho passato l’estate a leggere Il visconte di Bragelonne ma ancora ignoro cosa sia un’equazione di secondo grado, confondo sistematicamente il paracetamolo con l’acido acetilsalicilico, sospetto Francesco I un nostro contemporaneo. Avrei potuto leggere tanto altro ancora, ma ho scelto d’allargare la mia ignoranza con Alexandre Dumas e in suo onore. Persino a variare le fonti (per esempio, la bacheca di Giulio Mozzi – al netto della pubblicità – è un raro esempio di luminosità e chiarezza su Facebook) si rimane comunque ignorantissimi. Mozzi quest’estate ha scritto «Paolo Volponi è più determinante dell’Italo Calvino “combinatorio”, benché sia la svolta “combinatoria” quella che ha fatto di Calvino un autore internazionale». Non avendo a disposizione né libri di Volponi né di Calvino, mi sono fidato, arrendendomi implicitamente al tempo che passa limitato e ottuso. Appena tre mesi fa ho scritto di aver comprato A casa quando è buio di James Purdy (traduzione di Floriana Bossi, Racconti edizioni) e di essere curioso di leggerlo. È finito sulla mia scrivania assieme a tanti altri libri che non leggerò più, assieme a Calvino e Volponi per capirci. Potrei scrivere a mia discolpa di aver lavorato, di aver avuto la febbre a luglio; ma alla fine anche io sono sceso dall’albero del sapone per scoprire che, belle o brutte che siano, comprendiamo solo le nostre giornate, solo e soltanto i nostri minuti. Anzi la voglio dire con Lulù Massa de La classe operaia va in paradiso: «la realtà è la realtà: c’è mica altro».
L’estate finita di Giacomo Faramelli
Un’estate italiana mare e sole e belle serate spalmati sul divano a tenere fede alla mia lista.
- L’ombra dello scorpione di Stephen King mi ha impressionato ed elevato ad un nuovo livello di consapevolezza: King è il re, di nome e di fatto, e questo romanzo monumentale è una pietra miliare della letteratura del novecento.
- Mindhunter con la seconda stagione mi ha inchiodato alla sedia: ne parleró più avanti su queste pagine, quando mi sarò ripreso dalla visione di The Boys, la serie più anticonvenzionale del panorama serial attuale. Se avete amato gli Avengers non guardatelo, se invece vi hanno stufato beh, benvenuti in paradiso.
- Una menzione speciale per Ted Chaon. La volontà del male è uno dei romanzi dell’anno, così come il bel libro di Camille Bordas, Come muoversi tra la folla. Ted Chiang con Respiro ha scritto un’altra pietra del rinnovamento della fantascienza moderna, una stella lontana e luminosa che brillerà a distanza di anni luce.
Sono stato bravo, ho letto tutto quello che avevo promesso di leggere e anche di più, mi alzo presto e bevo poco, vado in palestra e i buoni propositi mi lanciano a palla di fuoco verso un 2020 di grandi visioni (altrui e personali) e grandi letture.
L’estate finita di Chiara M. Coscia
Ci siamo lasciati da queste pagine con me che vi dicevo che cosa è per me l’estate. Come per tutte le cose, appena riesci a dare loro un nome chiaro e una connotazione che ti sembra precisa, ecco che queste si divincolano e ti sfuggono, infilandosi in sentieri inaspettati e scappando a gambe levate dal come le pensavi. Le parole sono vive, e come tutte le cose vive hanno una loro precisa attitudine alla fugacità.
Cosa ho fatto in questa estate, che è quasi finita senza arrivare mai? Ho aggiunto qualche altro pezzo alla mia playlist estiva, che spero vi abbia fatto un po’ di compagnia, come l’ha fatta a me. (Avete giocato alla scoperta dei titoli?)
- Delle tre storie che vi ho lasciato ho rivisto Assassination Nation, di Sam Levinson, di cui stavolta ho apprezzato ancora di più il modo assolutamente lucido e disincantato con cui mette in scena l’internet, la vita online, e l’assoluta impossibilità di sottrarsi a quella sorta di Panopticon costantemente orientato che sono i social network.
- Inoltre vi avevo detto che aspettavo il secondo progetto di Levinson, Euphoria, e infatti ho visto il pilota di questo nuovissimo teen drama HBO, che era nella mia lista di cose da vedere al più presto – e che è in gara con Stranger Things e 13 reasons why per il primo video incontro di Visionari, il serie TV club di ILDA (iscrivetevi!).
Di Euphoria non svelo quel poco che ho visto, ma l’impressione è che si muova con più ampio respiro e con maggiore profondità di sguardo sul terreno già tracciato da Assassination Nation, teen drama crudo che non si risparmia sul piano droga, violenza, sesso, sessismo, omotransfobia, mascolinità tossica e altro ancora. Quello che forse manca (ma chissà come evolverà) è l’elemento umoristico, fortemente presente in Assassination Nation, in quanto componente fondamentale della quota horror. - Non ho rivisto Super Dark Times, e non ho tenuto fede al mio proposito di completare The Americans, però in compenso ho visto The Boys, di Eric Kripke, una nuova serie TV di Amazon Prime di cui scriverò su queste pagine prossimamente (e della quale vi consiglio di NON vedere il trailer, che tende un po’ allo spoiler).
- Ho letto diversi romanzi, tra i quali mi torna spesso in mente La ragazza del convenience store, di Murata Sayaka, che consiglio a chiunque abbia voglia di una voce narrante nuova e di un punto d’osservazione spiazzante e imprevedibile.
L’estate finita di Marco Terracciano
L’ho letto Omero è stato qui, e mi ha deluso. Vi spiego perché.
C’è un passaggio de Il sole e la morte (il saggio che Valentino Baldi ha dedicato all’opera del critico letterario Francesco Orlando, scomparso nel 2010), che mi è venuto in mente alla fine della lettura. Francesco Orlando, per buona parte della sua vita, ha studiato le connessioni tra letteratura e psicanalisi con un’accuratezza logica da fare impressione, ma ha segretamente coltivato il sogno di diventare egli stesso un romanziere, sin da quando aveva vent’anni. Nel 2010, poco prima di morire, ha pubblicato La doppia seduzione, l’elaborazione matura di un suo piccolo romanzo giovanile che aveva ottenuto l’approvazione di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Valentino Baldi, con la delicatezza dell’allievo che deve tutto al proprio maestro, stronca così quel libro nel suo saggio (cito a memoria, garantisco sulla sostanza, non sull’esattezza):
La doppia seduzione è un libro riuscito solo parzialmente, perché Orlando non ha creduto abbastanza nel potere affabulatorio del romanzo.
Ecco, io credo che Nadia Terranova abbia commesso lo stesso errore. I racconti del suo libro si affidano troppo poco al piacere dell’ingovernabile, sono noiosamente didascalici. Sembrano storie rielaborate dalla mente di un professore di italiano che vuole rendere più stimolante la lezione di epica: il fine è la memorizzazione, non la perdizione.
Mi aspettavo altro. Forse la Terranova si è sentita schiacciata dal peso di restituire dignità ai miti di Messina attraverso un recupero filologico delle leggende. Non ha aperto i bocchettoni dell’immedesimazione, non ha creduto abbastanza nelle possibilità narrative dei suoi personaggi. Li ha tenuti legati alla logica della spiegazione, la stessa del nostro professore di epica o di una guida Lonely Planet. Il risultato è una raccolta di storie che non lasciano il segno e che sì, si fanno leggere, ma confusamente, sospese senza coraggio sull’orlo dell’ammaliante, ma pericoloso, precipizio del romanzesco.
L’estate finita di Primavera Contu
Un’estate di corsa, un’estate sui treni, un’estate frettolosa, passata a fare slalom tra le preoccupazioni e le occasioni. Ho visto tanto e raccolto più di quanto riuscirei a rielaborare: tante serie, pochi film, un numero imprecisato di podcast, paesaggi dal finestrino, stories su Instagram.
- Tra i podcast italiani segnalo Daimon, di Violetta Bellocchio: il tema sono le ossessioni
- Tra i film, il deludente secondo capitolo di IT (ma c’è un cameo di Stephen King)
- Le serie vanno da un innamorato binge watching delle terze stagioni pop e colorate di Glow e Stranger Things, uno meno convinto della terza stagione di Dear White People, un commosso addio a Orange is The New Black, fino alla scoperta di The Boys, super eroi decostruiti e ripensati, e Good Omens, bellissima mini-serie basata sul romanzo di Terry Pratchett e Neil Gaiman. Ultima menzione: l’adorabile Good Girls, in attesa della terza stagione che arriverà l’anno prossimo.
- Anche le letture sono state “seriali”: fra le altre, la raccolta di racconti Intuizioni di Alexandra Kleeman (Black Coffee, traduzione di Sara Reggiani), come mi ero ripromessa, ma anche quella dell’esordiente hongkonghese May-Lan Tan, Things to make and break, ancora purtroppo inedita in Italia. Più la riscoperta di un classico della drammaturgia per ragioni di studio e lavoro (specifico e non dovrei. L’ho già detto: non esiste la lettura per puro piacere per me e, allo stesso tempo, non saprei che farmene se non ci fosse un piacere nel farlo per mestiere): Tre Sorelle, il dramma di Anton Cechov sull’insoddisfazione e il desiderio.
Il mio Kindle è ricco di anteprime, la libreria femminista si arricchisce (l’ultimo arrivato: il saggio Siamo Marea di Benedetta Pintus e Beatrice da Vela), l’estate è finita, e con lei quelle insopportabili aspettative che le riversiamo addosso ogni anno. In fondo, l’autunno è sempre stata la stagione che preferisco.