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vuoi editare il tuo romanzo in Apnea?

Fino al 31 dicembre 2025 hai tempo per candidare il tuo progetto narrativo inedito come protagonista della prossima edizione di Apnea.

Se sarà scelto, il lavoro che poi faremo sul tuo romanzo sarà gratuito e ti permetterà di acquisire consapevolezza autoriale, maggiore capacità tecnica narrativa e, speriamo, una pubblicazione.


COSA SI FA IN APNEA


Apnea è il corso di lettura e editing che conduco da 10 anni, rivolto a chi desidera formarsi e accrescere la propria capacità di lettura e il proprio valore professionale nel settore editoriale. Si svolge lungo l’arco di 6 mesi ed è fitto di lezioni, incontri, esercizi laboratoriali.

Di pari passo all’apprendimento si lavora a un manoscritto inedito allo scopo di renderlo presentabile alle case editrici. 10 anni fa questo approccio fu una novità assoluta nel panorama editoriale e oggi Apnea è un marchio: i romanzi lavorati in laboratorio trovano quasi sempre la strada della pubblicazione.


I ROMANZI DI APNEA GIÀ PUBBLICATI


Presunzione di Luca Mercadante, minimum fax

Il valore affettivo di Nicoletta Verna, Einaudi

Sangue Cattivo. Anatomia di una punizione di Beatrice Galluzzi, effequ

Mi chiamo Marcello Mastroianni di Armando Festa, Giunti

La vita potenziale di Lavinia Bianca, Feltrinelli


COSA FA L’AUTORE PROTAGONISTA DI APNEA


L’autore/autrice del romanzo scelto sarà al centro del lavoro di Apnea e si confronterà costantemente con me e periodicamente con gli allievi editor allo scopo di rendere il suo romanzo pronto per essere proposto agli editori.

Tutto il lavoro svolto durante i 6 mesi sarà per l’autore o l’autrice completamente gratuito, ma dovrà impegnarsi a rivedere e riscrivere le parti concordate rispettando le scadenze del calendario.


LO SCOUTING DI APNEA


Molti altri romanzi, anche tra quelli non scelti come oggetto di studio e editing per il corso, hanno girato attorno a questo progetto, permettendomi di conoscere nuovi autori e di lavorarci insieme in diversi modi.

Questo è probabilmente il risultato più interessante, perché da sempre il primo obiettivo di Apnea è fare scouting: conoscere voci mai sentite, leggere parole che non ha ancora letto nessuno, lavorare a un’idea, renderla pronta per i lettori.


CALL IN DUE TEMPI: ISTRUZIONI


1. INVIO DEL PROGETTO

HAI TEMPO FINO AL 31 DICEMBRE 2025


invia in un unico file .pdf il progetto del tuo romanzo formato da:

  • la sinossi (spiegazione dell’idea e riassunto breve della trama) di max 2 cartelle
  • la scaletta della trama, fin dove sei arrivato a scriverla. Smontando il testo capitolo per capitolo (o parte per parte, se non lo hai diviso in capitoli) e raccontando con un titoletto e due righe ogni capitolo/parte
  • le prime 30 cartelle del manoscritto (1 cartella= 1800 battute spazi inclusi)
  • la tua biografia, con particolare accenno alle esperienze e alla formazione riguardo alla scrittura
  • nomina il file nomecognome_apnea11
  • scrivi a narrativa.ilda@gmail.com con oggetto “candidatura apnea 11”
  • prima di premere invio controlla di aver allegato correttamente il file richiesto o la tua candidatura non potrà essere accettata

2. INVIO DEL ROMANZO, SOLO PER I SELEZIONATI

AVRAI TEMPO FINO AL 5 GIUGNO 2026

Se il tuo progetto sarà tra i selezionati ti chiederemo di inviare il romanzo integrale in formato .pdf secondo questi criteri:

  • il tuo romanzo non dovrà essere mai stato pubblicato prima in nessuna forma
  • il tuo romanzo non dovrà superare le 220 cartelle (1 cartella= 1800 battute spazi inclusi)
  • il tuo romanzo non dovrà rientrare in questi generi: fantasy, romance (ma romantico sì), storico.

NOTA IMPORTANTE


Il percorso per la scelta del romanzo protagonista di Apnea sarà lungo. Le prime risposte arriveranno il 27 marzo 2025, ma i testi dovranno poi superare altre selezioni e la scelta definitiva potrebbe essere comunicata non prima di fine settembre 2026. Occorre armarsi di pazienza.

Per dubbi e informazioni: narrativa.ilda@gmail.com


CHI SONO


EDITOR, AGENTE LETTERARIA, SCOUT

Ho co-fondato l’agenzia letteraria United Stories. Sono personal editor e scout. Scrivo la newsletter ILDA in cui ragiono di storie e racconto il mio mestiere. Ho inventato Apnea. Conduco altri laboratori e workshop di lettura e editing on line e dal vivo.


Postilla n.2

Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca e lei ti risponderà.

Per partecipare leggi qui.



Caro Peppe,

mi trovo spesso a difendere l’esercizio dell’editing dall’accusa del “tagliare”, perché, dico, l’editing non è questo meccanico tagliare, l’editing fa tante cose e molte volte aggiunge. È vero però che ci sono occasioni in cui è più semplice tagliare parole e immagini per mostrare al loro autore come possano acquisire forza se messe nella condizione di amplificarsi, e allora ci provo:

Il lenzuolo la copre a metà, vedo un piede, vedo il pigiama beige, vedo le vene, un ginocchio, poi con gli occhi salgo più su ma il lenzuolo copre le gambe, la pancia, però le braccia sono fuori, allungate sul lenzuolo che copre la pancia: mamma sorride. I capelli sembrano pettinati, mi allunga una mano. La stringo, cioè, lei me la stringe un po’, io allungo soltanto la mano. Me la bacia, poi dice: ciao.

Rimontiamo:

Il lenzuolo la copre a metà, vedo un piede, vedo il pigiama beige, vedo le vene, un ginocchio, le braccia sono fuori, allungate sul lenzuolo che copre la pancia: mamma sorride. Mi dà la mano, la stringo, cioè, lei me la stringe, me la bacia, poi dice: ciao.

Già va meglio, no? Riesci a vedere come questa madre un po’ meno descritta diventa in realtà più visibile?

È una prova che ti consiglio di fare sempre: svuotare l’immagine che stai costruendo dalla sovrabbondanza dei dettagli, che siano corpi, oggetti, micro-azioni. Le micro-azioni, in particolare, ti illudono di far accadere qualcosa (verbi, gesti, comportamenti = i personaggi agiscono) ma si trasformano in filastrocche senza scopo, elenchi che lasciano i personaggi immobili nel loro continuo dimenarsi:

mi tocca, mi stringe, mangia, si tira su, parla, sorrido, guardo, ascolto, si alza, mette la vestaglia, infila le ciabatte, si mette a braccetto, ci avviamo, si avvicina, la saluta, alza una mano, la guardo, sorride, poi dice, dice, dice, ecc.

Seleziona gli oggetti del tuo sguardo: pochi, decisivi, rivelatori. La storia sta più in quello che non si vede (la titubanza del “le stringo la mano, ah no me la stringe lei”) che nell’aguzzare la vista alla ricerca dell’iper-dettaglio, anche quando si muove.

Ciao, buona scrittura😊

Francesca

Postilla n.3

Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca e lei ti risponderà.

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Cara Lia,

ho conosciuto laboratori di scrittura in cui per dimostrare a un allievo come il suo tentativo di comporre narrativa fosse sbagliato venivano chiamati in causa i grandissimi della letteratura. Un tizio provava timidamente a inserire l’elemento fantastico in un capitolo e bom! veniva travolto dai paragoni con Il maestro e margherita di Bulgakov, un’altra si testava sulla difficilissima forma racconto e giù di Anton Čechov, Flannery O’Connor, Guy de Maupassant. Non è quello che voglio fare io, non credo serva. E però ti chiedo: con quante e quali letture hai accompagnato il tuo tentativo di narrazione? Ti sei guardata intorno, hai fatto una ricerca su forme simili? Nella presentazione che mi hai mandato parli di “romanzo di formazione” però qui la forma sembra piuttosto molto diaristica, molto confessionale. Hai letto diari e confessioni altrui? Ti consiglio di farlo. Non c’è davvero altro modo per prendere le misure di ciò che si vuol scrivere se non studiare come hanno scritto gli altri. Prima di te e contemporaneamente a te. Soprattutto contemporaneamente. Componi due liste: una per i diari classici, i riferimenti tradizionali (e mettici dentro Woolf, Cheever, Levi, Pavese, Sapienza) e una per le pubblicazioni di oggi, italiane. Cioè quelle che possono essere il più possibile simili alla tua, imperfezioni comprese. Una delle prime cose che scoprirai è che per raggiungere l’obiettivo dell’universalità, e quindi arrivare a tutti, occorre raccontare il personale. Ma non nel senso dei fatti tuoi, nel senso del come vivi tu le cose, come le guardi, che idea te ne fai. Se compi questo sforzo di intima onestà le prime bozze che andranno via saranno quelle con frasi impersonali, sentenziose, moralistiche, che sembrano avere la presunzione di parlare per tutti, come quelle del tuo pezzo. Non parlare per tutti, parla per te. Metti in gioco te stessa, non essere astratta, non ti appoggiare al senso comune. E così gli altri ti ascolteranno di più.

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca

Postilla n.4

Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca e lei ti risponderà.

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quello che scrivi e il tuo modo di presentarti si parlano, cioè hanno una simile voce, una simile grana.

Questa cosa mi interessa, perché mi sembra indicativa di un’onestà di fondo e mi fa intravedere uno sguardo sulle cose. Non ha senso scrivere senza avere prima uno sguardo sulle cose, e quindi la prima cosa che ti dico è: coltiva il tuo, tienitelo stretto ma allo stesso tempo arricchiscilo.

In certe occasioni lo sguardo può diventare stile, e qui un po’ di stile fa in effetti capolino nelle descrizioni zoppicanti, sintatticamente imperfette, nella lingua sporcata: “Una pianta che perde gli aghi e si spela rovinosamente, che devi trasportare in macchina, che devi pulirla la macchina perché il terriccio si spande inevitabilmente nell’abitacolo”, “Il pino finto, di un verde finto, di una vita inesistente, ricoverato alla Befana nel suo cappuccio di nylon grigio, stropicciato, sporcante nel maneggiarlo, quel pezzo di coso per lei era un bell’oggetto. Anzi, aveva una sua vitalità, una specie di esistenza rigogliosa da vestire con cura”.

Ho l’impressione che lo sguardo diretto e un po’ impudente che si manifesta a proposito dell’albero di Natale sia meno preciso e interessante a riguardo della protagonista, a cominciare dal modo impersonale con cui viene presentata (“[…] per la donna”). Le storie le fanno i personaggi. Sono loro l’oggetto, devono esserlo più degli oggetti che li circondano. Osserva questa donna come lei osserva le montagne al di là del finestrino: non staccarle gli occhi di dosso.

Ciao, buona scrittura😊

Francesca

Postilla n.5

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Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.

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Cara Laura,

la settimana scorsa durante una lezione ho raccontato della necessità di farsi attraversare dal testo anche quando non è limpidissimo e revisionato alla perfezione. Se la storia avanza, ho detto, se i personaggi ci sono e la scrittura vi prende, non bisogna far caso a piccole ripetizioni, assonanze, refusi, frasi che non girano benissimo e via dicendo. Che importa! Quando si entra in una storia l’ultimo dei problemi è soffermarsi su ogni singola parola. L’editing non è solo aggiustare le parole, l’editing è prima di tutto mettersi alla ricerca di suoni (ascoltandoli), di immagini (osservandole), di atmosfere (calandocisi dentro) e protagonisti (cercandone la vividezza), e così riconoscere una voce. Io qui conosco i protagonisti quando la madre dice “che facciamo mi faccio esplodere il dito”, quando la voce narrante chiama scema la sorella, quando il padre si alza puntuale e corregge il caffè con la grappa ma nessuno bada a lui. Vedo immagini nelle cosce come burro, negli arti robusti appesi al corpo flaccido, sento i suoni dello stofinìo del borotalco, della fusione dell’oro, della sirena di fine turno. Nulla m’importa del refuso “sulle peluria”, del possessivo “sua” che non rende immediatamente chiaro della fede di chi si stia parlando, dell’assonanza degli arti costretti nei pantaloni troppo stretti, ecc. Ragiono semmai sulla natura dei corsivi, e ne immagino già i potenziali difetti (troppo brevi? troppo ravvicinati? troppo frammentata la narrazione?) e mi domando se potrebbero essere un ostacolo allo sviluppo della vicenda, ma mentre me lo chiedo so che di questa vicenda voglio saperne di più, di questa madre (a proposito della domanda che mi poni: si capisce subito che la madre è ***? sì, direi che si capisce) voglio saperne di più, e voglio sapere della vita di chi resta con un padre pragmatico e una sorella scema.

E quindi ti chiedo: quando sarai pronta mi mandi il resto?

Ti aspetto con piacere, buona scrittura 😊

Francesca

Postilla n.6

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Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.

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Caro Paolo,

la scena ha una sua compiutezza e una sua malinconia, nonostante manchino immagini abbastanza precise ed evocative da permettere al lettore di “guardare bene” (altrove dove? un pezzo di tempi lontani quale, quali, quando? Ragazzi e gente, chi? mobili e altro, cos’altro? ecc).

E però non riesce a lasciare addosso tutta la sensazione di malinconia che potrebbe perché la sintassi con cui è costruita manca di fluidità, manca di suono e armonia. Ti faccio vedere un piccolo gioco:

Spogliando il testo di verbi, sostantivi e aggettivi restiamo con connettivi, relativi, preposizioni, avverbi, elementi di strutture passive e/o negative: ce ne sono troppi, e rendono tutto complicato, rugginoso, subìto invece che agìto, ingarbugliato.

Ti chiedo: perché scrivere che lei sembrava non voler essere altrove? Non sarebbe meglio sostituire la negazione con un’affermazione, o almeno invertire il sembrava non con un più naturale non sembrava? E perché poi preferire il nebbioso sembrava a un più certo era e l’astratto altrove all’indicazione di un luogo vero, immaginato, connotato?

Senti come suona pesante e contorta una frase che dice Non ricordava come fosse capitato che gli parlasse della?

E i lui e i lei indefiniti, i suo e sua pleonastici, le espressioni troppo definitive e un po’ sontuose come lei che sembrava non avesse fatto altro nella vita, lui che ne aveva vista passare di gente, così come alcune strutture verbali, non attese rispostacon una mano prese la sua, si voltò suggeriscono un’ambizione per così dire “poetica” che non riesce e non può riuscire perché è forzata: stai scrivendo prosa, non fare il virtuoso, non calcare stilemi di altri o di altre forme. Guarda con passione e semplicità la tua piccola e malinconica scena, che è fatta di due personaggi e un gesto, del topos dell’addio, e che più scriverai diretta e concreta e più diventerà naturale, visibile, illuminata.

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca

Postilla n.7

Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.

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Caro *,

ci sono volte in cui è davvero difficile comprendere un testo senza il contesto e sulla base di pochissime battute, e questa è una di quelle volte. So dalla tua mail che questa scena si svolge al Festival dello Scarabocchio, ma io qui il festival non lo vedo, non ne posso dedurre nessuna percezione sensoriale (non ci sono toni, umori, clima, colori, suoni); so dalla tua mail che Agnese forse sta sognando (io ho un problema tutto personale con i sogni nei romanzi, ma mi sforzo di superarlo) o forse no ed effettivamente da quel che leggo non posso capirlo; e so che questo pezzo che mi hai mandato è un finale. Ricapitolando: senza contesto, poche battute, un finale di romanzo: davvero difficile 🙂

Se fosse stato un incipit o comunque uno stralcio più iniziale, ti avrei senz’altro detto che qui c’è troppa percezione astratta: il brivido, l’indefinita intuizione, l’estasi inafferrabile, l’emozione che sente tra le mani e la mente, l’intuizione che tu stesso definisci astratta e che è quindi difficile da “sentire” per il lettore. E per di più si tratta di una condizione onirica, o giù di lì, e quindi indefinita per definizione, che ha bisogno di uno sforzo in più per essere comunicata.

E però il dialogo mi sembra ben costruito, la tua sintassi attenta, con un bel vocabolario, e la verità che cerchi (cito dalla presentazione: “le tre dimensioni che apparentemente governano la realtà non possono sconfessare l’esistenza di un’altra realtà”) interessante, anche se per me intelligibile al momento. Interessante e coraggiosa anche la determinazione di “un finale presuntuoso in odore di assoluto”.

Mi convince meno l’idea che “tutta la storia di Agnese viene raccontata come un pretesto, per giustificare ciò che veramente volevo scrivere”: mai scrivere pretesti, secondo me, sempre scrivere direttamente ciò che veramente vuoi scrivere.

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca

Postilla n.8

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Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.


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Cara *,

questo inizio molto classico e molto visibile mi sembra ben congegnato. Si comincia dalla piazza e dal suo simbolo di riconoscimento (che immagino avrà poi un ruolo nella trama; ce l’avrà, vero?) per introdurre il contesto (piccolo paese, sindaco, terremoto 10 anni fa, bambini) e i protagonisti: i bambini appunto. Biciclette, fiumi, libri, cani. Potremmo essere dalle parti del romanzo di formazione, se poi questi bambini li vedremo crescere e farsi adulti; dalle parti del romanzo sociale, se poi questi bambini oltre alla piazza di cemento che già ha cambiato i connotati al paese vedranno arrivare novità più ingombranti; dalle parti del romanzo del trauma se uno di loro morirà o subirà qualcosa di irreparabile lasciando gli altri a farci i conti; dalle parti di Stephen King, se poi questi bambini li vedremo avere a che fare con l’ignoto. Potrebbe essere ancora tutto, e questo vuol dire che potrebbe essere ancora niente, ed è il rischio che devi scongiurare.

Le espressioni che ti ho segnalato in giallo non sono errori o problemi specifici, solo dei campanelli che mi indicano una generale sensazione di stasi, di tranquillità, di risolto: azioni e pensieri consueti, già conosciuti, condivisi o accettati, di routine. Tutto troppo innocuo, niente che segnali un tono, un’atmosfera, un clima che verrà. Se invece il tuo romanzo prenderà una delle strade che ho immaginato o anche qualsiasi altra strada, occorre che la costruisca dalla primissima riga, che ne semini subito il colore, l’emozione. Nera? Spaventosa? Nostalgica? Commovente? Tutto va bene basta che non sia innocuo. Non mettere i tuoi personaggi in uno scenario rassicurante, neanche all’inizio. L’imprevisto arriva laddove un equilibrio è già precario, è già inquieto. Trova le ombre, trova le parole dell’inquietudine, usale subito. (E, sì, vai avanti😉).

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca

Postilla n.9

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Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.

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Caro Gennaro,

non riesco a curare questa rubrica quanto vorrei e quindi ti rispondo dopo diverso tempo. Intanto però in una scorsa newsletter ho affrontato la questione delle lame di luce che filtrano dalle persiane, e quindi come prima cosa ti consiglio di leggere quella.

La scorsa settimana, invece, ho scritto qualcosa sui bei dialoghi, che raccontano l’indicibile, e quel che dicevo mi pare possa funzionare anche per quanto riguarda la paratassi, che tu nel tuo brano utilizzi. Ho l’impressione che questa forma sintattica diventi spesso un paravento dietro il quale ci si accomoda con troppa facilità, sperando che la tensione che si desidera creare si manifesti grazie al continuo stop and go della parola (e quindi dell’immagine). Il risultato però spesso è un codice morse fuori controllo, più simile a un singhiozzo che a una partitura inquieta. Per l’inquietudine, per la tensione, occorre invece ragionare sugli oggetti narrativi scelti, sul loro ruolo e sulla loro disposizione. Qui abbiamo una vecchia casa (elemento tensivo), ma circondata da una periferia dichiaratamente pericolosa (che quindi smette subito di fare paura), un uomo forse morto sull’asfalto (che però è disteso, quindi troppo rilassato), una madre che impreca in dialetto (comica), un gatto nero (stereotipato), un uomo armato vestito di bianco (improvviso e vago), un furgone anch’esso bianco (con alcuni carabinieri: gli aggettivi indefiniti non aiutano mai a centrare la narrazione) un pavimento blu su cui la voce narrante cade. Troppa folla, troppo colore, troppo falso movimento. E in più ci si sveglia dal sogno, come spesso accade quando non si è costruita perfettamente la tensione e allora si tenta la strada dello stratagemma. Il sogno è quasi sempre un trucco, la paratassi anche. Lasciali perdere, focalizzati sul giovane: ha trent’anni, i capelli lunghi neri, un’arma in mano e…?

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca

Postilla n.10

Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.

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Caro Riccardo,

di nuovo devo chiedere scusa a te e a chi segue questa rubrica: passa troppo tempo tra una puntata e l’altra, lo so, proverò a far meglio.

Capiti però a fagiolo perché è un periodo in cui ragiono molto sui tempi e le persone verbali, un po’ per le lezioni in camera di smontaggio, un po’ per la coincidenza di diversi manoscritti a cui ho lavorato accomunati da un’incertezza della voce che riusciva invece a valorizzarsi quando trovava l’incidere giusto, che spesso significa la giusta distanza tra narratore, lettore e oggetto narrato.

Tendo a consigliare sempre di non accontentarsi di trucchetti per dare senso alle storie, e a dire che non basta modificare persone e tempi verbali per migliorarle, o anche fare rimontaggi apparentemente più ritmici e d’impatto. E però è innegabile che certe tecniche narrative – che altro non sono se non esperimenti di scrittura, sintonizzazioni, armonie – possono aiutare a trovare la strada in poche mosse. E se sembrano trucchi è perché funzionano. Quindi ti propongo: perché non provi a convertire questo incipit al presente? 

Senti come suona: “Una specie di enorme capra si materializza dal buio. Sgambetta per qualche metro nel fascio di luce dei fanali, poi sparisce infilandosi in un rovo ai bordi della carreggiata. «Bestia dell’apocalisse», strilla suor Elettra, calpestando l’acceleratore come debba rincorrerla e schiacciarla. Il furgoncino urla e ansima, trascinandosi su per quell’infinita salita senza tornanti, e lei non la smette di scherzare. E di interrogare, annunciare, spiegare; e ridere ripetere strepitare: Rocco, scentrato dal frastuono, dall’afa, dal jet-lag e da tutto il resto, si limita ad annuire”.

E senti il finale: “Anelli e orologi sono rimasti a casa. In valigia ci sono i certificati di vaccinazione e le mollette per i capelli delle bimbe adottate a distanza, che la suora si è tanto raccomandata”. 

Ti accorgi di come tutto è più spaventoso e vivo? Di come la scena effettivamente scotta sotto i piedi? Ti assicuro che non sono una fan del presente a oltranza o della prima persona a oltranza (quella, anzi, la sconsiglio quasi sempre). Ma se non c’è motivazione narrativa per tenere lontano l’oggetto narrato (anche se i piani temporali sono più d’uno si può giocare con le varie distanze del presente: “Rocco non osa comporla: ancora, dopo mesi, non sa come abbracciarla”) perché non avvicinarlo? Parla di più, si vede meglio, suona.

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca