La verità vi prego: la tua storia non è un trattato di sociologia
Caro Antonio,
il tuo racconto ha un titolo così evocativo che prima ancora di leggerlo il livello dell’aspettativa si alza solo per quella parola che c’è dentro: resurrezione. Ci hai pensato, quando lo hai deciso, che sarebbe successo? Che avresti dovuto tenere testa a grosse aspettative? La tua scelta potrebbe sembrare indovinata, perché in effetti è questo che un racconto dovrebbe fare: condurre un personaggio a vivere uno stato di cose che prima non c’era, che prima era in un altro modo; creare una piccola trasformazione. In un certo senso, ogni piccolo gesto, ogni parola e ogni evento che si decide d’inserire in una narrazione, dovrebbe avere, o almeno avviare, un movimento che abbia il carattere di una rinascita.
