postilla
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Postilla n.14

Hai presente la posta del cuore?
Postilla è la posta del cuore per autori inediti. Tratterà di scrittura piuttosto che d’amore, ma per il resto la formula è la stessa: scrivi a Francesca de Lena e lei ti risponderà.

Per partecipare leggi qui.



Cara Claudia,

mi occupo di narrativa e quasi mai di saggistica, per cui leggendo la tua mail ho pensato di non poter dedicare una puntata di Postilla a ciò che hai scritto, non ne ho le competenze. Poi però sono tornata sui miei passi, perché il testo che mi hai mandato è in fondo un’introduzione e non occorre che io sia specializzata nell’oggetto discusso perché possa dirti quel che penso. Quel che penso l’ho letto qualche giorno fa su La lettura in un’intervista allo scrittore Hisham Matar, che a una domanda sull’importanza dell’ambivalenza nella scrittura risponde così:

Ho pensato a lungo che si potesse scrivere solo nel momento in cui si è sicuri di qualcosa. Invece è il contrario: si scrive quando sono maturate la tua passione e le tue domande su qualcosa. E, paradossalmente, quando non si hanno le parole per descriverla. Scrivere è trovare le parole.

La tua introduzione comincia così:

La poesia va vissuta, e in un mondo nel quale limitano la libertà di espressione perseguendo l’adeguamento ad un modello prestabilito di persona, questo non è possibile. Così è stato sempre e così sempre sarà, fin tanto che non cambieranno i presupposti.

e lungo tutto il testo si respira sempre aria di inconfutabilità, perché le frasi sono sentenziose e gli assunti dogmatici. Mancano le domande, l’esplorazione sincera, l’indagine. È come se tu avessi già tutte le risposte certe, e allora cosa resta da scrivere? Qualsiasi tipo di testo dovrebbe essere un dialogo con sé stessi e con il lettore. Ma, mettiti nei miei panni (nei panni del lettore), come posso dialogare se non c’è alcuno spazio per il dubbio e la scoperta? Prova a rendere un po’ più traballanti le tue certezze, diventeranno più interessanti, e quindi convincerai meglio.

Ciao, buona scrittura 😊

Francesca de Lena

1 commento

  1. Avatar di CLAUDIA

    Cara Francesca, grazie per la tua risposta e per l’analisi dei miei contenuti.

    Leggendo la tua analisi mi sono resa conto che è proprio così, che volevo esprimere delle “certezze” sulla necessità, per l’essere umano, di produrre e vivere la sua poesia, in un contesto sempre più confuso che ci investe in modo virulento limitando la nostra autenticità.

    Forse è vero che in questa introduzione non ho cercato un dialogo con il mio lettore di riferimento, ma ho ritenuto che fossero già presenti in lui alcune verità universalmente riconosciute come umane e che il mio compito fosse quello di rispolverarle un po’.

    Ecco qui, ci sono ricaduta? Abbi pazienza Francesca, ho senz’altro ancora molta strada da fare.. Ci tenevo però a farti leggere l’introduzione al libricino di poesie che ho pubblicato nel mese di luglio scorso, prima di ricevere la tua preziosa risposta:

    1 INTRODUZIONE

    Molte delle poesie presenti all’interno di questo libro sono state ispirate da terribili fatti di cronaca, eventi catastrofici e dalla guerra che osserviamo quotidianamente con profonda tristezza.

    Perché?

    Questa è la domanda che mi tormenta.

    Perché tutta questa crudeltà, perché la guerra, perché le persecuzioni, perché i disastri climatici che causano la morte di persone innocenti!

    Con le mie poesie ho cercato di dare una voce costruttiva a questo tormento, di parlare con rabbia, ardore e amore, a quell’orecchio disattento al cuore, che non vuole ascoltare.

    La poesia, infatti, andrebbe vissuta, ma in un mondo nel quale limitano la libertà di espressione perseguendo l’adeguamento ad un modello prestabilito di persona, questo non è possibile.

    Ognuno ha un suo modo di agire, di pensare, ognuno ha le sue necessità da colmare.

    Ognuno avrebbe la sua strada naturale da intraprendere, che incrocerebbe altre strade senza confusione, senza ansia.

    Praticamente un’armonia d’azione implicita nello scorrere della vita.

    Per percepirla sarebbe sufficiente osservare con attenzione la natura.

    Ad esempio, l’albero, non si interroga sul perché il suo seme abbia germogliato in quel posto, perché è nato quercia e non castagno.

    Un albero trae il suo nutrimento dalla terra in modo naturale, cambia le foglie a ogni stagione, e il suo colore è parte di una molteplicità di colori esistenti.

    Senza volerlo accoglie il nido di un passerotto, fa ombra ad un passante stanco in un pomeriggio assolato, sibila al passare del vento regalando la melodia ad un orecchio attento.

    Musica e poesia, è sufficiente che lui si lasci esistere per creare musica e poesia.

    E noi invece, esseri umani così complicati, oltre a nutrirci nel corpo abbiamo la necessità di rispondere alle domande prodotte dalla nostra mente per nutrire il nostro spirito e allontanarci dall’oblio.

    Dal labirinto nel quale entriamo per l’adeguamento ad un modello prestabilito di persona, che è la base più diffusa dell’educazione attuale, dovremmo riuscire a trovare la via d’uscita per cominciare a percorrere la nostra strada naturale.

    La strada che la natura ha immesso dentro di noi dalla nascita, e che dobbiamo intraprendere per completare noi stessi psichicamente oltre che biologicamente.

    Non si tratta di un evento eccezionale, la vita psichica è semplicemente una delle caratteristiche con le quali nasciamo, così come il colore degli occhi o dei capelli, così come la forma del piede o della mano.

    Per questo la poesia, che è espressione in libertà, ci riporta sulla strada giusta se l’abbiamo persa e va strappata alla vita che ci soffoca, con ardore, sofferenza, rabbia e amore, per trovare finalmente l’ossigeno che serve alla nostra mente per vivere come generatori di vita e non di morte.

    Vivere con poesia quindi e diventare produttori sani di vita.

    Però, la vita è ancora molto altro oltre tutto questo.

    È come se in lei ci fosse anche un pozzo pieno di lacrime e di dolore dentro il quale, ogni tanto, dall’alto, ci affacciamo osservandolo soffrendo, senza caderci dentro.

    Chi ci dovesse cadere non riuscirebbe più a tornare indietro, rimarrebbe per sempre all’inferno…

    Penso a quelle persone che sono costrette a vivere la guerra, il dolore causato dalla morte di una persona cara dilaniata da una bomba, e le vedo precipitare in quel pozzo.

    Le vedo così perché sarebbe quello che succederebbe a me, ne sono sicura: non potrei superare il dolore causato da quella brutalità con la quale mi strappassero via un affetto.

    La morte è già di per sé un atto brutale, ma il modo con il quale siamo costretti a confrontarci con lei, fa la differenza.

    Perché anche per confrontarsi con la morte c’è bisogno di poesia per non impazzire di dolore.

    C’è bisogno della poesia per rimanere collegati alla vita che devi ancora vivere, per continuare a far funzionare il tuo cuore che vorrebbe smettere di battere anche lui insieme a quello della persona cara che hai perso.

    Persino quell’amore in tumulto nel tuo petto è poesia: tutto quello che ti porta più in alto della putrefazione è poesia.

    È un concetto che va oltre i versi scritti su carta, è la forza che ci permette di rimanere collegati alla vita e all’amore anche nelle situazioni più difficili.

    Ed è per questo motivo e per il valore che attribuisco alla vita permeata di poesia, che ritengo la guerra l’elemento cardine da debellare per sempre.

    Bandire tutte le armi, lavorare sullo spirito di coesione e fratellanza tra le persone, sulla possibilità di inclusione sociale per tutti, sconfiggere l’emarginazione causata dalla povertà, possono essere gli ulteriori passi successivi da intraprendere, per raggiungere la meta della vera evoluzione dell’Homo Sapiens, quella della piena e totale consapevolezza del significato della parola umanità.

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  2. Avatar di ecstatic711feb79c8
    ecstatic711feb79c8 says

    Cara Francesca, grazie per la tua risposta e per l’analisi dei miei contenuti. Leggendo la tua analisi mi sono resa conto che è proprio così, che ho voluto esprimere delle “certezze” sulla necessità, per l’essere umano, di produrre e vivere la sua poesia in un contesto sempre più confuso che ci investe in modo virulento limitando la nostra autenticità. Forse è vero che in questa introduzione non ho cercato un dialogo con il mio lettore di riferimento, ma ho ritenuto che fossero già presenti in lui alcune verità universalmente riconosciute come umane e che fosse solo necessario rispolverarle un po’. Ecco qui, ci sono ricaduta? Abbi pazienza Francesca, ho senz’altro ancora molta strada da fare..

    Ci tenevo, però, a farti leggere l’introduzione rivista e pubblicata nel mese di luglio prima di ricevere la tua preziosa risposta, all’interno del mio libricino di eco poesie:

    1 INTRODUZIONE

    “Molte delle poesie presenti all’interno di questo libro sono state ispirate da terribili fatti di cronaca, eventi catastrofici e dalla guerra che osserviamo quotidianamente con profonda tristezza. Perché? Questa è la domanda che mi tormenta. Perché tutta questa crudeltà, perché la guerra, perché le persecuzioni, perché i disastri climatici che causano la morte di persone innocenti! Con le mie poesie ho cercato di dare una voce costruttiva a questo tormento, di parlare con rabbia, ardore e amore, a quell’orecchio disattento al cuore, che non vuole ascoltare. La poesia, infatti, andrebbe vissuta, ma in un mondo nel quale limitano la libertà di espressione perseguendo l’adeguamento ad un modello prestabilito di persona, questo non è possibile. Ognuno ha un suo modo di agire, di pensare, ognuno ha le sue necessità da colmare. Ognuno avrebbe la sua strada naturale da intraprendere, che incrocerebbe altre strade senza confusione, senza ansia. Praticamente un’armonia d’azione implicita nello scorrere della vita. Per percepirla sarebbe sufficiente osservare con attenzione la natura. Ad esempio, l’albero, non si interroga sul perché il suo seme abbia germogliato in quel posto, perché è nato quercia e non castagno. Un albero trae il suo nutrimento dalla terra in modo naturale, cambia le foglie a ogni stagione, e il suo colore è parte di una molteplicità di colori esistenti. Senza volerlo accoglie il nido di un passerotto, fa ombra ad un passante stanco in un pomeriggio assolato, sibila al passare del vento regalando la melodia ad un orecchio attento. Musica e poesia, è sufficiente che lui si lasci esistere per creare musica e poesia. E noi invece, esseri umani così complicati, oltre a nutrirci nel corpo abbiamo la necessità di rispondere alle domande prodotte dalla nostra mente per nutrire il nostro spirito e allontanarci dall’oblio. Dal labirinto nel quale entriamo per l’adeguamento ad un modello prestabilito di persona, che è la base più diffusa dell’educazione attuale, dovremmo riuscire a trovare la via d’uscita per cominciare a percorrere la nostra strada naturale. La strada che la natura ha immesso dentro di noi dalla nascita, e che dobbiamo intraprendere per completare noi stessi psichicamente oltre che biologicamente. Non si tratta di un evento eccezionale, la vita psichica è semplicemente una delle caratteristiche con le quali nasciamo, così come il colore degli occhi o dei capelli, così come la forma del piede o della mano. Per questo la poesia, che è espressione in libertà, ci riporta sulla strada giusta se l’abbiamo persa e va strappata alla vita che ci soffoca, con ardore, sofferenza, rabbia e amore, per trovare finalmente l’ossigeno che serve alla nostra mente per vivere come generatori di vita e non di morte. Vivere con poesia quindi e diventare produttori sani di vita. Però, la vita è ancora molto altro oltre tutto questo. È come se in lei ci fosse anche un pozzo pieno di lacrime e di dolore dentro il quale, ogni tanto, dall’alto, ci affacciamo osservandolo soffrendo, senza caderci dentro. Chi ci dovesse cadere non riuscirebbe più a tornare indietro, rimarrebbe per sempre all’inferno… Penso a quelle persone che sono costrette a vivere la guerra, il dolore causato dalla morte di una persona cara dilaniata da una bomba, e le vedo precipitare in quel pozzo. Le vedo così perché sarebbe quello che succederebbe a me, ne sono sicura: non potrei superare il dolore causato da quella brutalità con la quale mi strappassero via un affetto. La morte è già di per sé un atto brutale, ma il modo con il quale siamo costretti a confrontarci con lei, fa la differenza. Perché anche per confrontarsi con la morte c’è bisogno di poesia per non impazzire di dolore. C’è bisogno della poesia per rimanere collegati alla vita che devi ancora vivere, per continuare a far funzionare il tuo cuore che vorrebbe smettere di battere anche lui insieme a quello della persona cara che hai perso. Persino quell’amore in tumulto nel tuo petto è poesia: tutto quello che ti porta più in alto della putrefazione è poesia. È un concetto che va oltre i versi scritti su carta, è la forza che ci permette di rimanere collegati alla vita e all’amore anche nelle situazioni più difficili. Ed è per questo motivo e per il valore che attribuisco alla vita permeata di poesia, che ritengo la guerra l’elemento cardine da debellare per sempre. Bandire tutte le armi, lavorare sullo spirito di coesione e fratellanza tra le persone, sulla possibilità di inclusione sociale per tutti, sconfiggere l’emarginazione causata dalla povertà, possono essere gli ulteriori passi successivi da intraprendere, per raggiungere la meta della vera evoluzione dell’Homo Sapiens, quella della piena e totale consapevolezza del significato della parola umanità.

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