L’aspirante scrittore e la penultima puntata di True detective
C’è la questione delle domande in testa. Mi chiedo: si possono fare domande per dare informazioni al lettore? Mi dico che in narrativa si può fare tutto, basta che funzioni. Allora riformulo: funzionano le domande che spesso gli aspiranti scrittori mettono in testa ai propri personaggi? Quelle domande del tipo: E ora, cosa avrebbe fatto? Sarebbe mai riuscita a dimenticare, a passare oltre quell’anno terribile in cui la sua vita era stata devastata da un uomo che non la meritava? Sarebbe riuscita a tornare al lavoro, quel lavoro che le persone che le volevano bene le avevano in qualche modo “conservato” come pegno di fiducia e gratitudine? E sarebbe riuscita a lavarsi di dosso quell’odore di rabbia e passione che lui le aveva trasmesso e che ora le faceva male, pur continuando a sembrarle tanto affascinante? Sarah se lo chiedeva spesso. Se avrebbe trovato la forza di andare avanti. Se ce l’avrebbe fatta. Forse lui sarebbe cambiato davvero un giorno? Forse l’avrebbe aspettata fuori casa con un mazzo di rose e le avrebbe sussurrato parole …
