scrittura, tropici
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Killing Eve: quando il tropo non è cliché

I tropi narrativi sono quegli strumenti di cui si serve chi racconta una storia. Personaggi, ambientazioni, espedienti: come immagini stock, come munizioni immagazzinate in un arsenale, i tropes sono mezzi a disposizione di chi scrive, pronti sugli scaffali, strutture riconoscibili da riempire di contenuto. Qual è il confine tra tropi e cliché? Quali sono gli esempi di tropi ben dosati e quali i luoghi comuni da scardinare?

Tropo #5: i molteplici strumenti al servizio della storia in Killing Eve

Quando i tropi sono usati come strumenti al servizio della narrazione, e non come formule jolly svuotate di ragionamento, si scrollano di dosso l’odore di cliché: questo di oggi è un percorso a ritroso rispetto al solito, poiché andiamo dalla storia allo strumento (anzi, dalla storia ad alcuni dei tropes in essa utilizzati – sarebbe impossibile citarli tutti). Killing Eve è una serie televisiva britannica, creata nel 2018 per BBC America da Phoebe Waller-Bridge, autrice e interprete della pluri-premiata comedy Fleabag. È un thriller-drama ispirato alla serie di romanzi Codename Villanelle di Luke Jennings, il cui primo episodio della terza stagione è stato rilasciato domenica scorsa, in anticipo sui tempi inizialmente previsti (forse per dare un po’ di respiro di qualità ai binge watching delle nostre quarantene). È una serie scritta magistralmente, che i cliché li ha sovvertiti e rovesciati (ne avevamo già parlato qui a proposito delle anti-eroine), e che rientra tra i brillanti esempi di female gaze (o, meglio, che costituisce un’alternativa interessante e multisfaccettata al male gaze, lo sguardo maschile). Un’operazione che è in grado di fare un buon uso dei tropi narrativi noti e meno, generalmente associati sia alla caratterizzazione dei protagonisti sia al genere di appartenenza della serie. Ovviamente, c’entra sempre anche il genere (e qui no, non si parla di genre).

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Tropi legati al genere crime-thriller

L’ammirazione dell’abominio. Nella storia della letteratura horror e fantasy questo trope è spesso legato all’attrazione che le creature inumane esercitano su quegli umani che in teoria dovrebbero combatterli: da Dracula, che secondo il professor Van Helsing era “per il tempo e i secoli a venire, uno dei più brillanti, attraenti e coraggiosi figli delle terre oltre la foresta”, fino ad Alien:

Ash: Ancora non capisci con che cosa hai a che fare, vero? Un perfetto organismo. La sua perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità.

Lambert: Tu lo ammiri.

Ash: Ammiro la sua purezza. Un superstite… Non offuscato da coscienza, rimorsi, o illusioni di moralità.

(da Alien, 1979, Ridley Scott)

Eve Polastri, agente segreto, esperta di killer femmine, è alle prese con l’assassina sociopatica Villanelle e ne è estremamente affascinata fin dal primo omicidio. L’ambiguità e il senso di sospensione che accompagnano la tensione sessuale fra le due protagoniste fanno però in modo che l’ossessione non diventi mai ovvia o stucchevole: se Eve compie degli incoscienti passi in avanti verso Villanelle, quest’ultima ci tiene in apnea per via delle sue imprevedibili reazioni; a ogni mossa di Eve verso “il male” seguirà un suo ripensamento, mentre ogni gesto di Villanelle mostrerà una seduzione tutt’altro che convenzionale.

British e dark humor: la serie è ricca di violenza e dialoghi brillanti, dei quali i fan di Fleabag riconosceranno la matrice. Battute truci pronunciate dai personaggi con un sorriso insolente o con espressione imperturbabile (in pieno stile, per l’appunto, British) Scambi taglienti, rapidi, irritanti, intelligenti fino a essere irrealistici. Ma credibilissimi, perché coerenti con il mondo narrato e con i personaggi che lo abitano, e che non ci fanno mai dimenticare qual è il tono che domina il racconto.

Konstantin: London was—  [Londra doveva—]

(Konstantin gets interrupted by the loud blender Villanelle switches on)
[(Konstantin viene interrotto dal rumore del frullatore che Villanelle accende)]

Konstantin: (five seconds later) —meant to look like suicide [(cinque secondi dopo) —doveva sembrare un suicidio]

Villanelle: It didn’t? [Non è stato così?]

Konstantin: So she slit her own throat? [Quindi si è sgozzata da sola?]

Villanelle: It happens. [Capita.]

Konstantin: And killed four other people? [E poi ha ucciso altre quattro persone?]

Villanelle: …slip of the hand? [… scivolato dalle mani?]

Tra i numerosi elementi caratterizzanti del genere, ma usati come comic relief, vi sono anche l’utilizzo di armi improbabili (Eve, agente segreto e studiosa di assassine seriali, cerca di terrorizzare Villanelle con uno spazzolone da toilet) o di tecniche di combattimento discutibili (per esempio, l’espediente di strangolare qualcuno, per di più qualcuno che non è nuovo al combattimento corpo a corpo, lasciandogli le mani libere così che possa afferrare un’arma di fortuna e difendersi).

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Tropi legati ai personaggi

Alcuni elementi che caratterizzano Eve si avvicinano quasi al cliché narrativo, per esempio I need a fucking drink: le scene in cui la situazione si mette male e puntualmente alla protagonista viene offerto qualcosa da bere, qualcosa “di forte”, oppure il fatto che si tratti di un’esperta che non viene ascoltata nonostante giunga a conclusioni piuttosto logiche sulla natura della ricercata ben prima degli altri. Se la seconda si può giustificare con la solita motivazione che accomuna ogni buona storia, cioè la necessità di rendere le cose difficili per il protagonista in modo che abbia davanti a sé degli ostacoli da superare, la prima viene usata con tale consapevolezza nella ripetizione da diventare un appuntamento comico che strizza l’occhio apertamente al pubblico.

Villanelle, dal canto suo, è una fashion victim dallo stile impeccabile (un filone di cui fa parte anche Crudelia De Mon, con la quale Villanelle condivide anche il buffo nome “da cattiva” – anche qui, la scelta “da cartoon” è consapevole e apertamente motivata), una villain edonista che ritiene che lei e la sua avversaria “non siano poi così diverse” (il trope del cattivo che rispecchia in qualche modo il personaggio principale, un classico, da Batman e Joker a Il Re Leone).

E se la caratterizzazione si fermasse qui sarebbe certo un problema. Ma tutti i personaggi della serie sono molto più dei loro tropi, a cominciare dalle protagoniste costruite con profondità e caratterizzate nel dettaglio. Eve è incasinata nelle situazioni sociali, spesso inconsapevole e incapace di gestire i propri sentimenti, ma è anche acuta, perspicace, abile nel creare relazioni vantaggiose nel suo lavoro in maniera non esplicita. Villanelle è una attention seeker, estroversa e affascinante, che agisce sempre con intenzioni performative; è una leader, ma è tendenzialmente solitaria, e viene descritta attraverso mille dettagli – tutti accuratamente connessi con ciò che accade nella trama e mai lasciati al caso- che ne rivelano le passioni (dalle bottiglie di champagne nel frigo, i palloncini e l’amore per la celebrazione di piccoli e assurdi party casalinghi alla genuina scoperta di materie di cui non sa nulla, come la pittura, attraverso un quadro che ne cattura l’attenzione, o la storia della filosofia, attraverso la lettura di un manuale, senza che questo abbia un immediato fine).

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Tropi legati al genere delle protagoniste e alla sessualità

Il concetto del female gaze trova una sua affermazione importante in un elemento che può apparentemente sfuggire: Eve non è ritratta come una “bomba sexy” standard, eppure non viene minimamente negata la sua sessualità o il suo desiderio, né la sua sensualità o il fatto che eserciti un fascino decisivo su più di un personaggio.

Ambiguità sull’orientamento e gender-blindness (o cecità rispetto al genere): la rappresentazione dei personaggi bisessuali nelle opere di finzione, specialmente film e prodotti televisivi, è spesso problematica: quando non vi è una totale negazione o cancellazione della stessa, gli stereotipi abbondano, dalla promiscuità all’iper-sessualizzazione. I bisessuali, insomma, diventano spesso macchiette, unicorni o terzi elementi di improbabili triangoli amorosi.

In Killing Eve è presente in una certa misura il tropo “sì, bisessuale, ma non troppo”: ciò che lo rende sopportabile è che Eve è chiaramente una donna cis-gender, con una storia e un’esperienza da eterosessuale, alla quale accade di ritrovarsi attratta da una donna (e non una donna qualsiasi: la fonte del proprio tormento professionale). Ma la sua fascinazione per Villanelle non è sempre (o non solo) di natura fisica. L’ossessione si muove, come si è detto, sul filo di un’ambiguità autentica, più interessante, profonda e complessa rispetto alla classica infatuazione che porta all’auto-distruzione. Oltretutto: non è la storia di un coming out -per una volta, grazie al cielo-, né di rivelazioni sofferenti.

D’altro lato, Villanelle è un personaggio invece apertamente bisessuale, dalla morale decisamente corrotta e dall’etica discutibile, ma questo non è relazionato né alla sua condotta sessuale né al suo orientamento: non rientra nella rappresentazione del personaggio la cui bisessualità fa rima con promiscuità, né il suo gusto per il proprio mestiere sembra scadere nell’ovvietà del feticcio sessuale.

In definitiva, durante le prime due stagioni Killing Eve ha ridefinito il genere e la rappresentazione di personaggi femminili, ma lo ha fatto con eleganza, stando dentro ai binari del thriller e affidando l’innovazione alla buona scrittura. Vedremo se la terza stagione sarà in grado di sostenere la qualità di una narrazione intelligente e ricca di mestiere.

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