All posts tagged: Netflix

“SanPa”: un’analisi testuale del documentario

Durante il primo episodio della seconda stagione di Dear White People, Sam White si trova nel pieno di un dibattito sulla neutralità o meno della forma documentaristica. Per avvalorare la sua tesi, la vediamo a cercare online “Documentari che non sono propaganda”. La ricerca non dà nessun risultato.  La scena iperbolica svolge la duplice funzione di punchline comica (Dear White People, per chi non lo sapesse, è una comedy brillante, molto tagliente e ben scritta) e di gancio per il dialogo successivo, in cui Sam afferma che non è tanto l’obiettivo del documentario in sé a dover essere più o meno palese, quanto il nostro sguardo a doversi mantenere il più aperto possibile rispetto alla complessità della verità in senso ampio, che include anche le verità non dette.  Ecco, quello che dice Sam mi ritrovo a ripetermelo ogni volta che approccio un documentario, di qualunque tipo e argomento. Lo guardo mantenendo sempre un piede fuori dalla porta, per timore di essere trascinata dal meccanismo di “educazione veicolata”, di manipolazione, che si può innescare. Questo per …

“Daybreak”: la fine del mondo non è poi la fine del mondo.

Non c’è nessun aspetto più determinante in una storia del punto di vista. Questo non solo vale per tutte le storie che rientrano nell’ambito della finzione, ma è il motivo primario per cui il racconto del reale, la Storia, è così sfuggente alla significazione univoca. Quello che accade, infatti, quando dei personaggi e il mondo che abitano passano da un “autore” (che sia esso scrittore o semplice “voce narrante orale” poco importa) a un altro, è che quei personaggi e quel mondo diventano altri personaggi, altro mondo. Nelle narrazioni che fanno passaggi transmediali, questo aspetto risulta particolarmente visibile e analizzabile. Cosa succede a un racconto quando passa dal potere creativo individuale di uno scrittore a quello collettivo di coloro che lavorano a una serie, per esempio? Di norma lo sguardo si allarga, l’universo narrativo si espande, la storia cambia. A confermare questa tesi, arriva la serie Netflix di Brad Peyton e Aron Eli Coleite, Daybreak, tratta dalla graphic novel omonima di Brian Ralph, che però con quest’ultima ha in comune ben poco oltre il titolo. …

Damigelle, principesse e altre donzelle che non vogliono essere salvate

I tropi narrativi sono quegli strumenti di cui si serve chi racconta una storia. Personaggi, ambientazioni, espedienti: come immagini stock, come munizioni immagazzinate in un arsenale, i tropes sono mezzi a disposizione di chi scrive, pronti sugli scaffali, strutture riconoscibili da riempire di contenuto. Qual è il confine tra tropi e cliché? Quali sono gli esempi di tropi ben dosati e quali i luoghi comuni da scardinare? Tropo #4: la donzella in difficoltà  Hercules: «[confuso] Ma… voi non siete una… donzella in difficoltà?» Meg: «[catturata dal centauro] Sono una donzella, sono in difficoltà, me la cavo da sola. Buona giornata.» (dal film “Hercules” , Walt Disney Pictures) Dal mito greco di Orfeo ed Euridice a Raperonzolo, dall’Alcesti di Euripide a Super Mario, il tropo della damigella in difficoltà che aspetta solo di essere salvata dal prode cavaliere o eroe di turno non ha bisogno di alcuna presentazione. Un tropo così elementare da aver ricevuto ogni tipo di trattamento: è stato estremizzato, ridotto a parodia, giustificato dalle circostanze, invertito, sovvertito. Ma anche ampiamente utilizzato e riutilizzato …

Il pilota di “The Boys”: dal minuto 5:45 una contro-storia di supereroi

Faccio una breve premessa: non ho letto The Boys, ho solo visto The Boys. Se mi dite che il fumetto è più bello mi fido. Sono consapevole delle diverse libertà della forma grafica rispetto a quella seriale, e immagino che la versione scritta e disegnata di The Boys abbia una carica feroce di violenza che è stata inevitabilmente diluita nella versione seriale. Tuttavia credo anche che il potenziale di una storia, in termini di profondità di narrazione, possibilità espressive ed evocative, immedesimazione ed empatia, raggiunga il massimo nella serialità come medium. Più che nel cinema, più che nei fumetti, più che nei libri. Lo dico con profonda convinzione e con una grossa dose di parzialità. E non sto dicendo che quel massimo sia stato raggiunto da The Boys. Che anno glorioso per i supereroi! L’opera a fumetti di Garth Ennis e Darick Robertson è arrivata a Luglio scorso su Amazon Prime, nella sua versione seriale creata da Eric Kripke, in questo 2019 ricchissimo di gente mascherata e superdotata, più o meno malandata, che popola l’immaginario …

L’estate di Ilda: una lista confusa

La farsa dei buoni propositi è di solito riservata ai mesi di settembre e gennaio, seguita nei mesi di ottobre e febbraio da quella dei buoni propositi mancati. E d’estate che si fa? Ci si dice che si ha più tempo, ci si può rilassare, non ci sono mete da raggiungere e impegni da perseguire, ma bisogna approfittare del lungo (?) tempo di inattività per fare quelle cose rimandate da una vita e che ora è davvero il momento di concedersi, perché i giorni non siano tutti uguali e perché ci si possa dire quando sarà il momento: “ho fatto anche questo”. Fatto cosa? Leggere libri, guardare serie tv. La nostra amata e incredibile vita spericolata, insomma, che non siamo nemmeno troppo sicuri di riuscire ad affrontare ma, ok, ci metteremo tutte le nostre forze. Buona estate! L’estate di Luigi Loi Ho comprato A casa quando è buio di James Purdy (traduzione di Floriana Bossi, Racconti edizioni) e sono curioso. La curiosità nasce da motivi del tutto pericolosi, mettere le dita nella presa elettrica e aspettare …

After Life, alla fine dell’estate eterna

di Giacomo Faramelli Scrivo questo pezzo da un treno regionale lanciato a ventidue chilometri orari nella wasteland umbra. Tutto è oltre la vita fuori di qui. Tutto è morente qui dentro. Gli interni consunti del treno, l’ottuagenario vicino di posto che mi fissa con sospetto e concupiscenza, l’anziana che gracida la lista dei morti del mese dietro di me. Che strano rapporto che hanno i vecchi con la morte. Mario Luzi diceva: “ai vecchi tutto è troppo”. Anche la morte? Quien sabe. Preferisco scontare la prigionia ferroviaria sul mio cellulare. In rete circola una storia tra le tante. Nel 2100 su Facebook ci saranno oltre un miliardo e quattrocento milioni di morti. In effetti, a meno che la vita non mi faccia lo scherzo di tenermi dritto fino a centoventi anni, sarò anche io tra loro. Mette addosso una malinconia particolare, è come tornare ragazzini: è giugno, hai l’intera estate davanti a te, sai che a settembre dovrai tornare a scuola. Una piccola morte appuntata nel futuro, un luogo lontanissimo nel tempo e nello spazio …

Welcome to Suburbia, la periferia delle serie tv americane.

di Chiara M. Coscia Le casette rosa di Revolutionary Road, le siepi disegnate di Edward Mani di Forbice, la panoramica dall’alto di American Beauty. E ancora The Truman Show, Bowling for Columbine, Lontano dal Paradiso, Il giardino delle vergini suicide. L’immaginario è talmente ricco di rappresentazione della suburbanità che non si capisce bene dove finisca quella filmica e dove cominci quella reale, se sono state le vere Hartford, Levittown, Scarsdale a fornire un modello per le cittadine suburbane di letteratura e cinema, o viceversa. Suburbia, luogo dell’isolamento, del privato, dell’auto-mobilità e dell’auto-affermazione, è quello spazio emblematico dove la gente vive ma non lavora, della famiglia nucleare dai confini e dai ruoli di gender ben delineati, della competizione sociale ed economica basata sulle risorse, e sulla vistosità di tali risorse. Questo paesaggio ci appare chiarissimo, affollato di cookie cutter houses, le “casette fatte con lo stampino”, che funzionano a loro volta da stampino, e non solo per l’identità di chi le abita, ma anche per quella di chi quelle case le ha lette o viste in …

High school drama e ’900 letterario: “13 Reasons Why” come “The Lottery” di Shirley Jackson

di Chiara M. Coscia 13 Reasons Why , ideata da Brian Yorkey e trasmessa su Netflix, avrebbe potuto fermarsi al tredicesimo episodio della prima stagione. La serie si era dimostrata un fedele e puntuale adattamento televisivo dell’omonimo romanzo di Jay Asher. Alla fine abbiamo una confessione registrata, quindi possiamo esultare: è fatta! Pagherà! Andrà in galera! Una storia che finisce – almeno un po’ – bene. E invece. Questa seconda stagione amarissima ci mostra che non è così. La struttura stavolta è quella di un lungo procedural, che ricostruisce e approfondisce la vicenda e i punti di vista dei diversi personaggi attraverso il processo dei Baker, i genitori di Hannah, contro la Liberty High School. La storia di Hannah si allarga, si arricchisce delle storie degli altri, gli stessi personaggi a cui erano indirizzate le cassette, che hanno la loro versione dei fatti, ma che non contraddicono quella di Hannah, anzi: la completano, le danno una dimensione ancora più ampia, ancora più dolorosa. Certe reazioni della ragazza che nei primi episodi della prima stagione sembravano “eccessive” …